La Corte Edu si pronuncia sul caso di un cittadino pakistano, convertito dall’Islam al Cristianesimo durante la sua permanenza in Svizzera, dove era arrivato nel 2015, il quale, a causa del rigetto della sua richiesta di asilo, rischiava l’espulsione verso il Pakistan. Secondo i Giudici di Strasburgo la richiesta di asilo, fondata sulla conversione religiosa del ricorrente, avrebbe dovuto essere esaminata in maniera più approfondita e rigorosa da parte delle autorità svizzere, che avrebbero dovuto, in particolare, tener conto degli sviluppi nella situazione generale dei cristiani convertiti in Pakistan, nonché della specifica situazione personale del ricorrente medesimo. La Corte ha così ritenuto che nel rigettare la domanda di asilo del ricorrente – peraltro, non rappresentato da un avvocato in alcuna fase del procedimento – le autorità nazionali avessero compiuto una insufficiente valutazione del rischio che il medesimo avrebbe corso, a causa della sua conversione religiosa, in caso di espulsione. Di qui l’unanime riconoscimento della violazione del diritto alla vita (art.2) e del divieto di tortura e di trattamenti inumani o degradanti (art.3), derivante dall’esecuzione della decisione di espulsione.
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