I ricorsi presentati contro la Georgia innanzi alla Corte di Strasburgo lamentano la violazione dell’art. 6 della Convenzione sulla base della presunta, mancata imparzialità di un giudice, membro del collegio dei tre giudici della Corte Suprema, il cui assistente giudiziario era figlia dell’avvocato che rappresentava la società convenuta nei procedimenti conclusisi con il respingimento della richiesta di risarcimento avanzata dai ricorrenti.
Secondo la giurisprudenza ormai consolidata della Corte Edu, l’imparzialità denota tradizionalmente l’assenza di pregiudizio o parzialità nelle valutazioni e deve essere determinata mediante un test soggettivo, che tenga conto delle convinzioni personali e del comportamento di un particolare giudice, e un test oggettivo stabilendo se, a prescindere dalla condotta del singolo giudice, vi siano fatti accertabili che possano sollevare dubbi sulla sua imparzialità.
Facendo applicazione di tali principi nel caso di specie la Corte, pur ritenendo superato il test soggettivo, non altrettanto ha concluso con riferimento al test oggettivo a causa degli stretti legami famigliari dell’assistente giudiziario di uno dei giudici con il rappresentante legale della parte convenuta in giudizio.
A parere della Corte, infatti, ciò ha creato una situazione in grado di suscitare legittimi timori circa l’imparzialità del giudice; in particolare, i ricorrenti non sapevano in quale misura l’assistente giudiziario fosse effettivamente coinvolta nei loro casi e la Corte Suprema non è riuscita a chiarire le circostanze del suo coinvolgimento, non riuscendo così a dissipare i dubbi dei ricorrenti circa la presunta parzialità del giudice.
Per questi motivi la Corte ha dichiarato la fondatezza dei ricorsi per l’accertata violazione dell’art. 6 della Convenzione.