La Corte costituzionale nella sentenza n.71 si è pronunciata sul ricorso proposto dalla Regione Liguria nei confronti del Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024, in riferimento agli artt. 5 e 119, primo, terzo, quarto e quinto comma, Cost. affermando che all’interno del Fondo di solidarietà comunale, «in aggiunta alla tradizionale perequazione ordinaria – strutturata, fin dalla sua istituzione, secondo i canoni del terzo comma dell’art. 119 Cost. e quindi senza alcun vincolo di destinazione –», è stata progressivamente introdotta dal legislatore statale, in forma non coerente con il disegno costituzionale, «una componente perequativa speciale, non più diretta a colmare le differenze di capacità fiscale, ma puntualmente vincolata a raggiungere determinati livelli essenziali e obiettivi di servizio» in vista del diverso obiettivo di «rimuovere gli squilibri territoriali» nell’erogazione di servizi sociali. La Corte ha ricordato come le suddette norme incrementino, attraverso risorse statali, in modo consistente e progressivo la dotazione del Fondo di solidarietà comunale e come, viceversa, stabiliscano specifici vincoli di destinazione sulla relativa spesa, in funzione del raggiungimento di livelli essenziali delle prestazioni o di obiettivi di servizio, in relazione ad asili nido, trasporto degli studenti disabili, assistenza sociale, destinati solo a determinati Comuni. La Corte ha dichiarato inammissibili le questioni in considerazione del «ventaglio di soluzioni» idonee a rimediare al vulnus alla Costituzione prodotto dalle norme impugnate e dell’impossibilità di individuarne una costituzionalmente adeguata o obbligata. Tuttavia, la Corte ha, però, ritenuto opportuno rivolgere un deciso monito al legislatore per un urgente intervento di riforma, perché «una soluzione perequativa ibrida» non è coerente con l’art. 119 Cost. Infatti, «componenti perequative riconducibili al quinto comma» dell’art. 119 Cost. devono «trovare distinta, apposita e trasparente collocazione in altri fondi a ciò dedicati, con tutte le conseguenti implicazioni». Peraltro, nella sentenza si è osservato che «risulta palesemente contraddittorio che, a fronte di un vincolo di destinazione funzionale a garantire precisi LEP, la “sanzione” a carico dei comuni inadempienti possa poi consistere nella mera restituzione delle somme non impegnate»: questa soluzione, infatti, «non è in grado di condurre al potenziamento dell’offerta dei servizi sociali e lascia, paradossalmente, a dispetto del LEP definito, del tutto sguarnite le persone che avrebbero dovuto, grazie alle risorse vincolate, beneficiare delle relative prestazioni». La Corte ha quindi concluso che il compito di adeguare il diritto vigente alla tutela costituzionale riconosciuta all’autonomia finanziaria comunale, al contempo bilanciandola con la necessità di non regredire rispetto all’imprescindibile processo di definizione e finanziamento dei LEP – la cui esigenza è stata più volte rimarcata dalla Corte –, non può che spettare al legislatore, chiamato però a intervenire «tempestivamente».
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