La Corte Costituzionale francese sulla legge finanziaria per il 2021: tra principi di tutela ambientale e di eguaglianza tributaria Legge n. 2020-1721, del 29.12.2020 (Conseil Constitutionnel, sent. n. 2020-813 DC, del 28.12.2020)

Il Conseil Constitutionnel, a conclusione di un giudizio a priori di costituzionalità (DC), afferma la conformità a Costituzione delle disposizioni della legge finanziaria per il 2021, ad eccezione di sette disposizioni normative definite «riduttori» o «spese di bilancio» o «vincoli di bilancio» («dépenses budgétaires» o «cavaliers budgétaires»): una decisione, dunque, di parziale conformità. Oggetto di contestazione ad opera di un cospicuo gruppo di Senatori e Deputati è, in particolare, l’art. 171 della legge finanziaria, istitutivo di una tassa sulla «massa in ordine di marcia» («la masse en ordre de marche») delle autovetture («véhicules de tourisme»), attraverso il quale le autovetture vengono assoggettate, a decorrere dal 1° gennaio 2022, ad una tassa il cui importo è pari al «prodotto tra un tra una tariffa unitaria fissata in dieci euro al chilogrammo e la frazione della loro massa eccedente una soglia di 1.800 chilogrammi». Questa tassa viene corrisposta dal proprietario del veicolo al momento della prima immatricolazione dell’autovettura in Francia. Richiamando i lavori preparatori alla legge finanziaria ed il principio di eguaglianza davanti ai pubblici tributi o oneri («charges publiques»), il Consiglio Costituzionale afferma la conformità della previsione normativa, in ragione del fatto che il legislatore ha inteso ‘gravare’ quelle autovetture più pesanti che causano maggiori «disturbi ambientali» («nuisances environnementales») specifici derivanti «dall’elevato consumo di materiali ed energia che la loro costruzione e utilizzo richiede» nonché dallo «spazio che occupano nel traffico stradale». Nel contesto di proprie legittime scelte di politica legislativa, attraverso l’adozione delle suddette disposizioni normative, il legislatore, osserva il Consiglio, ha inteso agire a protezione dell’ambiente, scoraggiando l’acquisto di simili veicoli aumentandone il prezzo. Inoltre, la previsione di una disparità di trattamento, esonerando da alcune tasse, indipendentemente dal loro peso, alcuni veicoli «elettrici ibridi» e «elettrici o a idrogeno», si giustifica proprio in ragione della diversa volontà legislativa, in questo caso, di incoraggiare l’acquisto di questi veicoli che determinano un minore peso ambientale. Guardando con sfavore all’acquisto di veicoli più dannosi per l’ambiente a causa del loro peso, il legislatore ha fissato l’applicabilità di questa tassa per i veicoli che superino la soglia del peso di 1.800 chilogrammi, indipendentemente dal produttore. Per queste ragioni l’art. 171 non viola il principio di eguaglianza. Altra disposizione normativa oggetto di valutazione è l’art. 225 della legge finanziaria, che prevede la riduzione, per i contratti conclusi tra il 2006 e il 2010, del prezzo di acquisto dell’«energia elettrica prodotta da alcuni impianti che utilizzano energia da irraggiamento solare mediante tecnologie fotovoltaiche o termodinamiche». Il Consiglio Costituzionale, richiamando l’attenzione sugli artt. 4 e 16 della Dichiarazione del 1789, osserva che è consentito al legislatore di limitare la libertà contrattuale, purché si tratti di limitazioni legate ad esigenze costituzionali o giustificate dall’interesse generale e che, in ogni caso, non siano sproporzionate, dunque, irragionevoli, in relazione agli obiettivi perseguiti. Nel caso all’esame, in virtù di queste profonde previsioni normative fondamentali, il legislatore non può violare i «contratti legalmente conclusi» se ciò non sia «giustificato da un motivo di sufficiente interesse generale» senza, di conseguenza, violare le suindicate esigenze costituzionali poste dagli artt. 4 e 16 della Dichiarazione del 1789. Il Consiglio osserva che per i contratti conclusi tra il 2006 e il 2010 si è tenuto conto delle tariffe previste dai decreti a tal fine adottati. Le disposizioni contestate riducono tali tariffe, allorché questi contratti, però, sono ancora in corso. Ne discende la violazione del «diritto di mantenere accordi legalmente conclusi». Rileva, al riguardo, il Conseil che, in primo luogo, la significativa riduzione dei costi di produzione degli impianti fotovoltaici a terra o su grandi tetti, mal prevista in sede di definizione delle condizioni di prezzo, ha comportato un notevole incremento dei profitti generati da alcuni impianti di produzione di energia elettrica che beneficiano di tali contratti. Adottando le disposizioni impugnate, il legislatore ha inteso porre rimedio alla situazione di disequilibrio contrattuale tra produttori e distributori di energia elettrica e porre così fine agli effetti inaspettati («effets d’aubaine») di cui godono taluni produttori, a scapito del corretto utilizzo dei fondi pubblici e degli interessi finanziari dello Stato, che sostiene i costi aggiuntivi che incombono sui distributori. In tal modo, il legislatore ha perseguito un obiettivo di interesse generale. In secondo luogo, se da un lato la riduzione tariffaria colpisce un elemento essenziale dei contratti conclusi in applicazione dei citati decreti, il legislatore ha provveduto a preservare in ogni caso la redditività degli impianti. Tale riduzione, infatti, dovrebbe tradursi in un prezzo di acquisto corrispondente ad una ragionevole remunerazione del capitale fisso, tenuto conto dei rischi inerenti al funzionamento degli impianti. La riduzione tariffaria tiene, difatti, conto del decreto tariffario («arrêté tarifaire») in base al quale viene concluso il contratto, delle caratteristiche tecniche dell’impianto, della sua ubicazione, della sua data di messa in servizio e delle sue condizioni operative. D’altra parte, se le nuove tariffe derivanti dall’applicazione delle disposizioni contestate sono tali da compromettere la redditività economica del produttore, è prevista la possibilità che, su richiesta motivata del produttore e a determinate condizioni, i ministri responsabili dell’energia e del budget possano stabilire caso per caso, su proposta della Commissione Regolatrice Energia, un diverso livello tariffario o una differente data di entrata in vigore di tale tariffa o un prolungamento della durata del contratto di acquisto. Tenuto conto del motivo di interesse pubblico perseguito e delle garanzie legali previste dal legislatore, il Consiglio Costituzionale conclude, quindi, nel senso che l’attentato che le disposizioni contestate portano sul diritto al mantenimento degli accordi legalmente conclusi non è sproporzionato. In riferimento al principio di eguaglianza, afferma, inoltre, il Consiglio che, adottando simili disposizioni, il legislatore ha inteso porre fine agli eccessivi effetti inaspettati, imprevedibili, derivanti dall’applicazione delle tariffe previste dai decreti adottati tra il 2006 e il 2010. Il legislatore ha considerato che i produttori, i cui impianti hanno una potenza superiore a tale soglia, hanno beneficiato di una redditività significativamente superiore rispetto a quella degli altri produttori per effetto di economie di scala raggiunte e di prezzi di acquisto di materiali che essi hanno potuto negoziare. Di conseguenza, essi si trovano, rispetto all’oggetto della legge, in una situazione diversa da quella di altri produttori. La contestata disparità di trattamento è, comunque, da porre in relazione diretta con l’oggetto della legge. Le Conseil ha, infine, censurato, in quanto «vincoli di bilancio» («cavaliers budgétaires») diverse disposizioni di legge oggetto di contestazione ad opera dei Senatori e Deputati ricorrenti: artt. 163, 165, 176, 177, 243, 263 e 269.

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