La Corte EDU si pronuncia sul caso di un ragazzo ucciso da due uomini appartenenti alle forze dell’ordine greche. La famiglia del ragazzo come parte richiedente, sostiene che ci sia stata una violazione dell’art. 2 della convenzione a causa del suo mancato coinvolgimento in misura sufficiente nell’inchiesta. Sostiene che non sono stati concessi i documenti relativi all’ indagine amministrativa, se non dopo quattro anni dalla richiesta d’accesso. La Corte afferma che l’obbligo di proteggere il diritto alla vita, sancito dall’art. 2, letto in combinato disposto con l’obbligo generale dello Stato “di assicurare a tutti nella sua giurisdizione i diritti e le libertà definiti nella convenzione”, richiede che ci debba essere un’indagine ufficiale efficace quando le persone sono state uccise a causa dell’uso della forza da parte di agenti dello Stato. I giudici di Strasburgo ricordano come lo Stato debba garantire con tutti i mezzi a sua disposizione una risposta adeguata in modo tale che il quadro amministrativo e legislativo istituito per proteggere il diritto alla vita, sia adeguatamente attuato ed ogni violazione di tale diritto sia repressa e punita. La Corte riscontra una violazione del suddetto articolo in quanto, con la mancata puntuale consegna dei documenti pertinenti al richiedente, le autorità competenti non sono riuscite a salvaguardare gli interessi dei parenti stretti nel procedimento. Quindi, l’indagine risultava essere inefficacie in quanto mancava di un’importante garanzia, ossia quella del coinvolgimento della famiglia del defunto. |