Il tema della procreazione medicalmente assistita ha richiamato più volte l’attenzione della Corte costituzionale in ordine ai diversi aspetti disciplinati dalla legge n. 40 del 19 febbraio 2004.
Con la recente pronuncia, la Corte ha dichiara illegittimo il divieto di fecondazione eterologa in quanto «privo di fondamento costituzionale» ritenendo che «la scelta di tale coppia di diventare genitori e di formare una famiglia che abbia anche dei figli costituisce espressione della fondamentale e generale libertà di autodeterminarsi» garantita dagli artt. 2, 3 e 31 della Costituzione. In particolar modo, la Consulta ha ritenuto che il progetto di formazione di una famiglia esula dal dato strettamente biologico, come dimostra la regolamentazione dell’istituto dell’adozione.
La Corte ha poi affermato che «la determinazione di avere o meno un figlio, anche per la coppia assolutamente sterile o infertile, concernendo la sfera più intima ed intangibile della persona umana, non può che essere incoercibile, qualora non vulneri altri valori costituzionali, e ciò anche quando sia esercitata mediante la scelta di ricorrere a questo scopo alla tecnica di PMA di tipo eterologo».
Inoltre, secondo la Consulta, la disciplina della PMA incide anche sul diritto alla salute, comprensivo della salute psichica oltre che fisica, in quanto «l’impossibilità di formare una famiglia con figli insieme al proprio partner, mediante il ricorso alla PMA di tipo eterologo, possa incidere negativamente, in misura anche rilevante, sulla salute della coppia».
Da ultimo, la Corte ha considerato le conseguenze derivanti dalla dichiarazione di illegittimità, e cioè il vuoto normativo prodotto dalla sentenza, premettendo che il proprio dovere-potere «di dichiarare l’illegittimità costituzionale delle leggi non può trovare ostacolo nella carenza legislativa che, in ordine a dati rapporti, possa derivarne» essendo compito del legislatore introdurre successivamente apposite disposizioni. Ciò nondimeno la Corte ha comunque evidenziato i limiti e i profili desumibili dalla normativa risultante entro cui la fecondazione eterologa è ammissibile. In particolare, tale tecnica è ammessa solo ed esclusivamente per «coppie
di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambe viventi»; è eseguibile esclusivamente «qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere» le cause di sterilità o infertilità e sia stato accertato il carattere assoluto delle stesse dovendo siffatte circostanze documentate da atto medico»; deve essere praticata osservando i principi della gradualità e del consenso informato sanciti dall’art. 4, co. II (come previsto per la PMA di tipo omologo); deve essere effettuata nell’osservanza del divieto della commercializzazione di gameti ed embrioni e della surrogazione di maternità (art. 12). Inoltre, dalle norme vigenti è desumibile una regolamentazione della PMA di tipo eterologo ricavabili medianti gli ordinari strumenti interpretativi dalla disciplina concernente la gratuità e volontarietà delle donazioni nel rispetto del principio dell’anonimato delle stesse, nonché le esigenze di tutela sanitaria previste, in generale, per la disciplina della donazione dei tessuti e delle cellule umani, oggetto degli art. 12, 13 e 15 del D. lgs. n. 191/2007.
Per lo status giuridico dei nascituri, resta ferma la disciplina già prevista dalla legge 40 all’art. 8 secondo cui «hanno lo stato di figli nati nel matrimonio o di figli riconosciuti della coppia che ha espresso la volontà di ricorrere alle tecniche medesime».