La stabile convivenza non preclude la delibazione della sentenza ecclesiastica di annullamento del matrimonio (Cass. Civ., Sez. I, ord. 28 gennaio 2025, n. 1999)

Non è la convivenza ultratriennale in sé a costituire un limite di ordine pubblico alla delibazione in
Italia di sentenze di annullamento per vizi di capacità, integrato dalla mera deficienza caratteriale o
immaturità del coniuge, ma solo quei vizi che originino da un deficit psichico, ossia da uno stato
patologico idoneo a incidere sulla capacità di intendere e volere del soggetto e sul corretto formarsi
della sua volontà cosciente, la cui valutazione è rimessa al giudice del merito. È, pertanto, compito
di quest’ultimo verificare se la causa di nullità del matrimonio ecclesiastico sia da qualificarsi come
incapacità di valutare ex ante la rilevanza del vincolo matrimoniale, analogo a un deficit psichico,
ovvero a uno stato patologico idoneo a incidere sulla capacità di intendere e volere del soggetto e
sul corretto formarsi della sua volontà cosciente, oppure se costituisca una mera deficienza
caratteriale o mera immaturità del coniuge, causa di nullità, quest’ultima, che incontra il limite
dell’ordine pubblico in caso di convivenza ultratriennale.

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