Illegittimo negare i benefici per i superstiti delle vittime del terrorismo o della criminalità organizzata (Corte costituzionale, sent. 21 maggio 2024, n. 122)

Con la sentenza in oggetto, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2-quinquies, comma 1, lettera a), del decreto-legge 2 ottobre 2008, n. 151 (Misure urgenti in materia di prevenzione e accertamento di reati, di contrasto alla criminalità organizzata e all’immigrazione clandestina), inserito dalla legge di conversione 28 novembre 2008, n. 186, e successivamente modificato dall’art. 2, comma 21, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), limitatamente alle
parole «parente o affine entro il quarto grado». Il meccanismo presuntivo si rivela, inoltre, irragionevole, in quanto «pregiudica proprio coloro che si siano dissociati dal contesto familiare e, per tale scelta di vita, abbiano sperimentato l’isolamento e perdite dolorose», e si risolve in «uno stigma per l’appartenenza a un determinato nucleo familiare, anche quando non se ne condividano valori e stili di vita».
La disposizione si pone in contrasto anche con il diritto di azione e di difesa tutelato dall’art. 24 Cost., in quanto impedisce «di dimostrare al soggetto interessato, con tutte le garanzie del giusto processo, di meritare appieno i benefici che lo Stato accorda», in un giudizio «che coinvolge le vite dei singoli e gli stessi valori fondamentali della convivenza civile». La Corte ha ribadito che è imprescindibile un’attenta valutazione di meritevolezza dei beneficiari. In tale contesto, «i vincoli di parentela o di affinità richiedono un vaglio ancor più incisivo sull’assenza di ogni contatto con ambienti delinquenziali, sulla scelta di recidere i legami con la famiglia di appartenenza, su quell’estraneità che presuppone, in termini più netti e radicali, una condotta di vita incompatibile con le logiche e le gerarchie di valori invalse nel mondo criminale».

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