La Corte Edu si pronuncia sul caso riguardante la revoca di un permesso di soggiorno rilasciato ad una attivista per i diritti umani, cittadina statunitense, con presunto coinvolgimento del Federal Security Service (FSB). I Giudici di Strasburgo hanno ritenuto che vi fossero gravi difetti nella procedura che aveva portato alla revoca, disposta per motivi di sicurezza nazionale non meglio specificati, il cui reale scopo era, tuttavia, evidentemente, quello di punire la ricorrente e suo marito per le loro attività a favore dei diritti umani ed impedirne la prosecuzione. La misura si inseriva, peraltro, in un contesto generale di aumento delle severe restrizioni nei confronti di ONG e difensori dei diritti umani e altri attori della società civile in Russia, con un “effetto raggelante” sulle loro attività. Di qui il riconoscimento dell’avvenuta violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare (art.8), nonché del limite all’applicazione delle restrizioni ai diritti (art.18). La Corte ha, inoltre, ritenuto che il governo russo non avesse rispettato il proprio obbligo di fare tutto il necessario per assicurare un adeguato esame di un caso giudiziario (art.38).
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