Con la decisione in commento, la Corte EDU ha esaminato il ricorso presentato contro la Repubblica ellenica da un cittadino greco, il Sig. Ilias Papageorgiou, il quale denunciava la violazione dell’art. 6, par. 2, della Convenzione sotto il profilo della mancata applicazione del principio di non colpevolezza. La questione trae origine dalla vicenda occorsa al ricorrente il quale, nel luglio del 2005, rimaneva coinvolto in un incidente stradale insieme al Sig. D.S., passeggero dell’auto, e perciò sottoposto al test dell’etilometro che, alla prima rilevazione mostrava un tasso alcolemico in violazione dei limiti previsti all’art. 42 del codice della strada; tuttavia, nell’ottobre del 2007, il ricorrente era dichiarato assolto, in sede penale, dall’accusa di guida in stato di ebbrezza, con sentenza passata in giudicato. Ciononostante, il Sig. D.S., assumendo di avere riportato delle lesioni in seguito all’incidente provocato dal Sig. Papageorgiou, presentava una domanda di risarcimento dei danni subiti, citando in giudizio dinanzi al Tribunale di primo grado di Atene sia il ricorrente sia la sua compagnia di assicurazioni; quest’ultima, tuttavia, depositava un’azione incidentale contro il ricorrente affermando che il contratto di assicurazione da questi sottoscritto avrebbe escluso ogni copertura assicurativa qualora il conducente fosse risultato in stato di ebbrezza. Il Tribunale respingeva l’azione incidentale della compagnia di assicurazioni, ritenendo che non vi fosse alcun nesso di causalità tra il consumo di alcol da parte del ricorrente e l’incidente causato, e accoglieva il ricorso del Sig. D.S., condannando entrambe le parti resistenti al pagamento di una somma in favore di quest’ultimo. La compagnia di assicurazioni impugnava la sentenza dinanzi alla Corte di Appello di Atene; quest’ultima, argomentando sul presupposto che i tribunali civili non siano vincolati alle decisioni pronunciate dai tribunali penali, ha ritenuto che il comportamento del ricorrente – che guidava sotto l’effetto di alcool – avesse integrato una delle clausole di esenzione previste dal contratto di assicurazione e per conseguenza condannava il ricorrente a rimborsare alla compagnia di assicurazione l’importo che quest’ultima avrebbe pagato a D.S. Contro la decisione della Corte di Appello, il Sig. Papageorgiou ricorreva dinanzi alla Corte di Cassazione denunciando la violazione del diritto alla presunzione di innocenza, stante la decisione di proscioglimento maturata all’esito del giudizio penale; il ricorso veniva però rigettato dalla Corte di Cassazione, affermandosi che la Corte di Appello non avesse esternato alcuna autonoma valutazione sulla responsabilità penale del ricorrente. In seguito a ciò, il ricorrente adiva la Corte di Strasburgo lamentando la violazione dell’art. 6, par. 2, della Convenzione. In punto di diritto, la Corte EDU conferma e ribadisce il principio che l’ambito di applicazione del parametro convenzionale evocato non è circoscritto ai procedimenti penali pendenti ma si estende anche ai giudizi instaurati dopo che tali procedimenti siano stati conclusi, qualora i predetti giudizi siano collegati al procedimento penale e ne costituiscano conseguenze necessarie e concomitanti; un collegamento che i giudici di Strasburgo ritengono insussistente nel caso di specie, in ragione del fatto che i procedimenti civili avrebbero avuto luogo dinanzi a un tribunale diverso, con una diversa composizione dei giudici, e non avrebbero costituito una mera continuazione del procedimento penale. Ciò premesso, la Corte puntualizza che la finalità connessa al riconoscimento del diritto alla presunzione di innocenza sia quella di proteggere le persone che siano state prosciolte da un capo di imputazione, o il cui procedimento penale si sia estinto per altra causa, dall’essere trattate dai pubblici ufficiali e dalle altre autorità come se fossero effettivamente colpevoli del reato ad esse addebitato, ma non anche quella di escluderne la responsabilità civile per il risarcimento dei danni derivanti dal fatto compiuto. A tal proposito, la Corte osserva che la decisione sulla domanda di risarcimento del danno presentata contro il ricorrente in sede civile sia stata assunta sulla base dei principi che regolano l’illecito civile, prescindendo da ogni considerazione sulla responsabilità penale del ricorrente. Valutazione, questa, confortata anche dal linguaggio utilizzato dal giudice di secondo grado che, nella motivazione, avrebbe omesso ogni riferimento ad una presunta colpevolezza del ricorrente rispetto alle accuse da cui egli era stato assolto. Ciò considerato, la Corte conclude nel senso di ritenere che l’accertamento della responsabilità civile a carico del ricorrente non fosse contrario al principio della presunzione di innocenza, così escludendo ogni profilo di incompatibilità con l’art. 6, par. 2, della Convenzione.
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