La Corte Edu si pronuncia sul caso di un giornalista che aveva chiesto alle autorità ungheresi
l’autorizzazione ad effettuare interviste e scattare fotografie presso il Centro di accoglienza di
Debrecen, al fine di documentare le condizioni di vita dei richiedenti asilo ivi alloggiati.
Tale autorizzazione era stata negata facendo generico riferimento a possibili problemi per la
sicurezza e la vita privata dei richiedenti asilo, la cui esposizione mediatica avrebbe potuto
comportare dei rischi, trattandosi, in molti casi, di persone fuggite da qualche forma di persecuzione.
Il giornalista – che aveva, peraltro, specificato che avrebbe fotografato solo coloro che avessero dato
il consenso preventivo e per iscritto, se necessario – aveva inutilmente impugnato tale diniego: i
giudici amministrativi, infatti, avevano dichiarato irricevibile il ricorso, escludendo che si trattasse
di una decisione propriamente amministrativa ai sensi della normativa nazionale pertinente e,
pertanto, non assoggettabile a controllo giurisdizionale.
La Corte Edu ha, innanzitutto, sottolineato che il lavoro di indagine è parte essenziale della libertà
di stampa e, pertanto, rientra nella protezione di cui all’art.10 Cedu.
I Giudici di Strasburgo hanno riscontrato, nel caso di specie, una illegittima interferenza con la
libertà di espressione del ricorrente, non avendo le autorità ungheresi adeguatamente motivato le
ragioni a fondamento della limitazione di tale attività di indagine giornalistica, che aveva impedito
al Szurovecz di riferire personalmente e direttamente su una questione di notevole interesse
pubblico, vale a dire la crisi dei rifugiati in Ungheria.
Le presunte ragioni di tutela della sicurezza e della vita privata dei richiedenti asili non erano state riconsiderate alla luce dell’argomento del ricorrente secondo cui avrebbe fotografato solo coloro che avessero dato il proprio consenso preventivo e scritto e, quindi, non adeguatamente ponderate con tutti gli interessi in gioco.
Per la Corte Edu, frapporre ostacoli all’accesso dei giornalisti alle informazioni potrebbe scoraggiare o addirittura impedire loro di fornire al pubblico informazioni accurate ed affidabili, così compromettendo lo svolgimento del loro fondamentale ruolo di “cani da guardia pubblici”.
Di qui la dichiarazione, all’unanimità, dell’avvenuta violazione dell’art. 10 Cedu.