Il punto 2, lettera b) della tabella 1, alla quale l’art. 3, comma 2, del decreto ministeriale 30 giugno
2003, n. 198, rinvia per l’individuazione delle imperfezioni come causa di non idoneità, individua
tra le “cause di non idoneità per l’ammissione ai concorsi pubblici per l’accesso ai ruoli del personale della
polizia di stato” i “tatuaggi sulle parti del corpo non coperte dall’uniforme o quando, per la loro sede o natura,
siano deturpanti o per il loro contenuto siano indice di personalità abnorme”. L’accertamento dei requisiti
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fisici, in particolare, deve avvenire avuto riguardo al momento della scadenza del termine di presentazione della domanda di una procedura selettiva, onde garantire doverosamente la par condicio tra i candidati; tuttavia, il primo momento utile per l’accertamento di tali requisiti è quello della visita per l’idoneità psico-fisica. L’apprezzamento richiesto dall’Amministrazione potrebbe divenire più complesso nell’ipotesi in cui, come nel caso in esame, in occasione della visita venga rilevato che è già in corso un processo di rimozione del tatuaggio, al punto che esso non presenta più tratti definiti e non è più chiaramente identificabile. La giurisprudenza maggioritaria ha solitamente negato rilevanza al processo di rimozione in atto del tatuaggio, in virtù del citato principio di par condicio tra i candidati; ritenendo, inoltre, che spetti all’interessato dimostrare che, al momento dell’accertamento svolto dall’Amministrazione, fosse già ultimata la procedura di rimozione e, conseguentemente, fosse in toto eliminata la percepibilità visiva del tatuaggio, difettando altrimenti i requisiti psico-fisici per l’assunzione. |