In tema di criteri discretivi tra il reato di estorsione (art. 629 c.p.) e quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni (art. 393 c.p.), varie sono le soluzioni prospettate in giurisprudenza. Mentre inizialmente il discrimine tra le due fattispecie veniva rinvenuto nel livello di gravità dell’azione minatoria che, ove particolarmente intensa giustificava il riconoscimento dell’estorsione, in un secondo momento l’elemento differenziale tra le due fattispecie è stato invece rinvenuto “esclusivamente” nell’elemento soggettivo. Successivamente, ancora, si è ritenuto che peculiarità del reato previsto dall’art. 393 c.p. fosse la sua natura di reato di “mano propria”, configurabile solo se la condotta tipica è posta in essere da colui che ha la titolarità del preteso diritto. La parziale sovrapposizione oggettiva delle condotte in esame, testimoniata dalla stratificazione interpretativa sinteticamente riportata, impone un chiarimento. Al nucleo comune costituito dal ricorso alla violenza e alla minaccia si associano diversi elementi differenziali. Oltre al presupposto della “giustiziabilità” del diritto vantato dall’autore della condotta sanzionabile ex art. 393 c.p., risulta dirimente la valutazione dell’effetto costrittivo sulla vittima cui segue la acquisizione di un profitto ingiusto con altrui danno. Nell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni si è in presenza di un diritto azionabile nelle sedi giudiziaria che venga soddisfatto attraverso attività violente o minatorie che non abbiano un epilogo costrittivo, ma più blandamente persuasivo. Diversamente, con il reato di estorsione si sanziona l’annichilimento delle capacità volitive della vittima, la cui mediazione passiva è indispensabile per ottenere il risultato illecito. Al contempo, un importante criterio discretivo tra le fattispecie criminose è altresì rappresentato dal diverso bene protetto dalle due norme, in un caso il monopolio statale nella risoluzione delle controversie (art. 393 c.p.), nell’altro caso la tutela dell’individuo, nella sua dimensione sia personale che patrimoniale (art. 629 c.p.).
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