La Corte EDU su un caso di contenzione meccanica di paziente con disturbi psicotici (CEDU sez. I, sentenza 7 novembre 2024, ric. n. 8436/21)

La CEDU ha condannato l’Italia per violazione dell’art. 3 della Convenzione sia sotto il profilo sostanziale che procedurale, in seguito al ricorso presentato da un cittadino italiano, il quale ha lamentato la contenzione meccanica e il trattamento farmacologico cui è stato sottoposto durante il suo ricovero in un ospedale psichiatrico. Alla luce dei trattamenti subiti, lo stesso sporgeva denuncia contro il personale medico.
Inizialmente sottoposto a TSO, il ricorrente è stato trattenuto nella struttura medica e sottoposto a ripetute misure di contenzione fisica. Da quanto risulta dalla perizia dell’esperto incaricato, la durata
complessiva del periodo della predetta misura è apparsa “insolitamente prolungata” e riprendendo
un precedente della Corte di Cassazione è stato ribadito che la contenzione meccanica non può
essere considerata un atto medico, in quanto si tratta di una misura restrittiva della libertà personale
che non ha finalità terapeutiche e non migliora lo stato di salute dei pazienti. La Suprema Corte ha
rilevato che, secondo la letteratura scientifica, essa può effettivamente causare gravi lesioni corporali
se non utilizzata con la dovuta cautela, derivanti non solo dalla pressione esterna dei dispositivi di
contenzione (potenzialmente causa di abrasioni, lacerazioni o strangolamenti), ma anche dalla
posizione di immobilità forzata in cui i pazienti sono costretti. Alla luce dell’intero quadro la Corte
EDU ha dapprima sottolineato che la doglianza del ricorrente non ha riguardato il suo ricovero
coatto in quanto tale, bensì i maltrattamenti a cui sarebbe stato sottoposto, e dopo ha ricordato che
nei confronti delle persone private della libertà, il ricorso alla forza fisica che non sia stato reso
strettamente necessario dalla loro condotta tange la dignità umana e costituisce una violazione del
diritto sancito dall’articolo 3 della Convenzione. Nel caso di specie, per i Giudici di Strasburgo la
contenzione meccanica iniziale del ricorrente era stata strettamente necessaria per impedirgli di
arrecare danno a se stesso o ad altri, mentre le successive misure, mantenute per un periodo
straordinariamente lungo, non erano strettamente necessarie, esponendolo a dolore e sofferenza.
Conclusivamente, è stata perciò dichiarata la violazione dell’articolo 3 della Convenzione sotto l’aspetto
sostanziale. Quanto inoltre alla lamentata violazione della stessa disposizione sotto l’aspetto
procedurale, la Corte ha ribadito che l’obbligo di svolgere un’indagine efficace sulle denunce di
trattamento lesivo ai sensi dell’articolo 3 implica che per essere “efficace”, tale indagine deve
innanzitutto essere adeguata, ovvero volta all’accertamento dei fatti e alla determinazione se la forza
utilizzata fosse o meno giustificata nelle circostanze. In riferimento a tale contesto, essa ha rilevato,
che le autorità statali non hanno svolto un’indagine efficace rispetto alle accuse di maltrattamento
del ricorrente al fine di stabilire se, nelle circostanze del caso, la proroga della contenzione meccanica
fosse giustificata. Pertanto è stata dichiarata la violazione dell’articolo 3 della Convenzione anche
sotto l’aspetto procedurale.

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