Con la sentenza n. 137 del 2024 – sulla base di un’ordinanza di “autoremissione” – la Corte
costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale – per violazione degli artt. 3, 41, primo e
secondo comma, e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 49 TFUE – dell’art.
10-bis, comma 6, del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, che ha procrastinato per ben 5 anni il
congelamento del rilascio di nuove autorizzazioni per l’espletamento del servizio di noleggio con
conducente (NCC) fino alla piena operatività del registro informatico pubblico nazionale di taxi e
noleggi con conducente. L’adozione di tale registro, che i vari Governi succedutisi nel tempo
hanno via via dilazionato, è stata attuata dal recentissimo decreto 2 luglio 2024, n. 203 del Capo
dipartimento per i trasporti e la navigazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che
ha definito «le modalità di attivazione» del registro de quo. A tale riguardo la sentenza ha, però,
precisato che” l’adozione del suddetto decreto…non ha alcuna incidenza sul presente giudizio, dal
momento che le censure sono state prospettate sulla disposizione legislativa in ragione della sua
«struttura», a prescindere dalle evenienze «di fatto» e dalle «circostanze contingenti» attinenti alla
sua concreta applicazione.” La Corte ha, poi, sottolineato che il blocco generalizzato delle licenze
di NCC ha causato grave pregiudizio agli interessi della cittadinanza e dell’intera collettività,
danneggiando la popolazione anziana e fragile, il turismo e, in generale, lo sviluppo economico,
specie in considerazione degli effetti protezionistici conseguenti all’elevazione di un’indebita
barriera alla libertà di accesso al mercato. I servizi di autotrasporto non di linea, infatti, concorrono
a dare effettività alla libertà di circolazione, «che è la condizione per l’esercizio di altri diritti, per
cui la forte carenza dell’offerta» – che colloca l’Italia fra i Paesi europei meno attrezzati al riguardo
– generata dal potere conformativo pubblico ha indebitamente compromesso «non solo il
benessere del consumatore, ma qualcosa di più ampio, che attiene all’effettività nel godimento di
alcuni diritti costituzionali, oltre che all’interesse allo sviluppo economico del Paese».