L’adozione “mite” presuppone l’insussistenza dello stato di abbandono del minore (Cass. Civ., Sez. I, ord. 13 maggio 2024, n. 12977)

Il giudizio di accertamento dello stato di adottabilità di un minore, ai sensi degli artt. 8 e ss. l. n. 184
del 1983, e il giudizio volto a disporre un’adozione “mite”, ex art. 44, lett. d), della medesima legge,
costituiscono due procedimenti autonomi, di natura differente e non sovrapponibili fra loro. Ciò non
toglie che, nel procedimento volto alla dichiarazione di adottabilità, è possibile verificare se
l’interesse del minore a non vedere recisi i legami con i genitori naturali debba prevalere o meno
rispetto al quadro deficitario delle loro capacità genitoriali, fino ad escludere lo stato di abbandono,
lasciando che, comunque, venga previsto, almeno in via temporanea, un regime di affidamento
extrafamiliare, potenzialmente sostituibile da un’adozione minore.
Diversa dall’adozione mite è, invece, la pronuncia che accerti lo stato di abbandono – e dunque
l’adottabilità del minore – ma, nell’assumere i provvedimenti nell’interesse del fanciullo, in
applicazione dell’art. 19, comma 2, l. n. 184 del 1983, può consentire il mantenimento dei contatti del
minore con la famiglia di origine.

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