La Corte si pronuncia sul ricorso presentato da alcuni politici e membri della società civile, che avevano stigmatizzato la formulazione religiosa delle dichiarazioni richieste dalla Costituzione irlandese in sede di giuramento per la carica di Presidente dell’Irlanda e di membro del Consiglio di Stato. Formule come “Nella presenza di Dio Onnipotente… Possa Dio dirigermi e sostenermi”, per i ricorrenti sarebbero lesive della loro libertà di coscienza e di religione. La Corte ha colto l’occasione per ribadire che l’ampio margine di discrezionalità di cui godono gli
Stati contraenti nelle questioni relative al rapporto tra gli Stati e la religione non esclude il controllo europeo e che il riferimento di uno Stato ad una tradizione non può sollevarlo dall’obbligo di rispettare i diritti e le libertà sanciti dalla Convenzione. I Giudici di Strasburgo hanno, altresì, ricordato che la Convenzione non consente la presentazione di ricorsi contro una disposizione del diritto nazionale semplicemente perché ritenuta contraria alla Convenzione, senza esserne direttamente colpiti, ovvero senza dimostrare di poter essere, in futuro, potenziali vittime di una violazione, producendo a tal fine ragionevoli e convincenti prove di una
simile probabilità. Ebbene, nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che nessuno dei ricorrenti avesse provato la condizione, attuale o potenziale, di vittima di una violazione della Convenzione, quale conseguenza dei requisiti costituzionali del giuramento previo all’assunzione delle suddette cariche. Di qui la dichiarazione di inammissibilità della domanda.