La Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 7-ter, comma 1, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4 (Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni), sollevate in riferimento agli artt. 1, 2, 3, 4, 27, primo e secondo comma, 29, 30 e 31 della Costituzione e al principio di ragionevolezza, nonché all’art. 117, primo comma, Cost. – quest’ultimo in relazione all’art. 6, paragrafo 2, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) -,presentate dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Palermo, con ordinanza n. 86 del 2020. Secondo il giudice a quo la disposizione censurata sarebbe costituzionalmente illegittima nella parte in cui impone di sospendere l’erogazione del reddito di cittadinanza nei confronti del beneficiario o del richiedente a cui è applicata una misura cautelare personale. La Corte ha ricordato che il reddito di cittadinanza costituisce un particolare beneficio economico, introdotto al dichiarato fine di operare un riordino del sistema di assistenza sociale e una generale razionalizzazione dei servizi per l’impiego, con l’obiettivo di una più efficace gestione delle politiche attive per il lavoro. L’art. 2 del d.l. n. 4 del 2019 disciplina i requisiti personali, reddituali e patrimoniali per accedere al reddito, che devono sussistere, sia al momento della presentazione della domanda, sia per tutta la durata dell’erogazione. La lettera c-bis) del comma 1 di tale articolo, in particolare, stabilisce che il richiedente il beneficio non deve essere sottoposto a misura cautelare personale, anche adottata a seguito di convalida dell’arresto o del fermo, o condannato in via definitiva, nei dieci anni precedenti la richiesta, per taluno dei delitti indicati dal successivo art. 7, comma 3. Richiamando la sentenza n. 122 del 2020, la Corte ha anche ricordato che il legislatore ha previsto un particolare requisito di onorabilità per la richiesta del reddito di cittadinanza – la mancata soggezione a misure cautelari personali – che, al pari di qualsiasi altro requisito, deve sussistere non solo al momento della domanda, ma anche per tutta la durata dell’erogazione del beneficio economico. Il provvedimento di sospensione in caso di misure cautelari sopravvenute, quindi, «altro non è che la conseguenza del venir meno di un requisito necessario alla concessione del beneficio e rientra per ciò tra i casi in cui la giurisprudenza costituzionale riconosce la legittimità di sospensione, revoca o decadenza, anche attraverso meccanismi automatici». Pertanto, la sospensione del beneficio non ha una ragione punitiva e sanzionatoria, ma si collega appunto agli obiettivi dell’intervento legislativo. Tra l’altro, la stessa sospensione del reddito di cittadinanza non comporta, di per sé, la necessaria privazione in capo al soggetto interessato dei mezzi per vivere.
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