L’esternalizzazione del controllo delle frontiere, politica praticata negli ultimi tempi dagli Stati e dall’Unione europea per far fronte alle crescenti ondate migratorie ed attuata, soprattutto, attraverso la conclusione di accordi o intese con i Paesi di transito o di origine, non ha prodotto l’effetto sperato di impedire del tutto gli arrivi e ha finito per ledere i diritti dei migranti e dei richiedenti asilo. Si tratta di provvedimenti che destano molte perplessità in quanto finalizzati ad accelerare le procedure o, meglio, a velocizzare il rinvio del richiedente di cui si accerti la provenienza da un Paese terzo sicuro, comportando una deresponsabilizzazione del Paese esternalizzante che accolla la gestione dei migranti e la responsabilità che ne può derivare, anche in relazione alle violazioni dei diritti umani, ai Paesi delegati. Questi ultimi, il più delle volte, non rispettano i diritti fondamentali anche perché non sono parte delle convenzioni internazionali a loro tutela. Di recente, l’esternalizzazione delle frontiere ha mostrato tutto il suo potenziale erosivo nei confronti dei diritti fondamentali, già per altro prefigurato da ampia dottrina. Due sono le circostanze recenti, oggetto della presente analisi, alle quali bisogna guardare perché rappresentano la spia dell’inadeguatezza dell’attuale politica di esternalizzazione a fronteggiare, nel lungo periodo, l’emergenza migratoria e della necessità di un decisivo cambio di rotta, con una politica più lungimirante e più rispettosa dei diritti fondamentali dei migranti: la crisi migratoria al confine greco-turco del febbraio 2020 e la questione della responsabilità internazionale dell’Italia, per violazione dei diritti umani, relativa alla attuazione del Memorandum con la Libia del 2017, al vaglio della Corte europea dei diritti dell’uomo nel caso pendente S.S. and Other v. Italy.
Recently, in order to face the growing waves of migration, some States and the European Union have practiced the externalization of border control. This is a policy implemented, above all, through the conclusion of agreements or understandings with Countries of transit or origin which, however, did not produce the desired effect of completely preventing arrivals and ended up infringing the rights of migrants and asylum seekers. The purpose of this strategy is to speed up the procedures or, better, the return of the asylum seekers whose origin is ascertained from a Safe Third Country. It is a policy that arouses many concerns as it entails a de-responsibility of the delegating Country that takes on the management of migrants and the responsibility that can derive from it to the delegated Countries. The latter do not often respect fundamental rights also because they are not party to the international Conventions related with their protection. Recently, the externalization of borders has shown all its erosive potential towards fundamental rights, already prefigured by a broad doctrine. In this analysis, two aspects will be analyzed because they represent the indicators of the inadequacy of the current externalization policy to face the migration emergency in the long term: the crisis on the Greek-Turkish border in February 2020 and the question of international responsibility of Italy, for violation of human rights, relating to the implementation of the Memorandum with Libya of 2017, actually under the scrutiny of the European Court of Human Rights in the pending case S.S. and Other v. Italy. These two profiles clearly highlight the need for a decisive change of course and a more far-sighted policy that respects the fundamental rights of migrants.