La Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 50, comma 6, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), nella parte in cui non consente al magistrato di sorveglianza di applicare in via provvisoria la semilibertà, ai sensi dell’art. 47, comma 4, ordin. penit., in quanto compatibile, anche nell’ipotesi prevista dal terzo periodo del comma 2 dello stesso art. 50.
La discriminazione tra semilibertà e affidamento in prova censurata dal magistrato di sorveglianza rimettente concerne, infatti, non già le condizioni di accesso alla misura – che, per quanto attiene al limite di pena, risultano già da tempo allineate, in forza di quanto dispone l’art. 50, comma 2, terzo periodo, ordin. penit. –, ma la possibilità di beneficiare di un accesso “accelerato”, tramite una procedura di applicazione provvisoria che eviti al condannato i tempi di attesa della decisione del tribunale di sorveglianza e i pregiudizi ad essi connessi.
In effetti, una volta che il legislatore abbia ritenuto, nella sua discrezionalità, di dover omologare semilibertà e affidamento in prova riguardo al quantum di pena che permette di fruire della misura – così come è avvenuto con l’introduzione della semilibertà “surrogatoria” – non v’è più alcuna ragione per lasciare (contraddittoriamente) disallineato in peius il beneficio “minore”, quanto alla possibilità di accesso anticipato e provvisorio al beneficio in presenza di un pericolo di grave pregiudizio, tramite provvedimento dell’organo monocratico.