La Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 75 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 13, secondo comma, 25, secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione, nella parte in cui -secondo un consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità – non include tra le condotte punibili con sole sanzioni amministrative, ove finalizzate in via esclusiva all’uso personale della sostanza stupefacente, anche la coltivazione di piante di cannabis.
Sussiste una specifica differenza tra la coltivazione e la semplice detenzione, dal momento che la prima condotta presenta la peculiarità di dare luogo ad un processo produttivo in grado di “autoalimentarsi” e di espandersi, potenzialmente senza alcun limite predefinito, tramite la riproduzione dei vegetali. Tale attitudine ad innescare un meccanismo di creazione di nuove disponibilità di droga, quantitativamente non predeterminate, rende non irragionevole la valutazione legislativa di maggiore pericolosità della condotta considerata per la salute pubblica e la sicurezza pubblica e, per tanto, giustifica il trattamento sanzionatorio differenziato rispetto al semplice consumo.