La questione esaminata dalla Corte insiste sull’asserita violazione dell’art. 6, paragrafo secondo, della Convenzione Edu, nella misura in cui l’autorità giudiziaria avrebbe leso il principio della presunzione d’innocenza nei confronti dei ricorrenti, deputati della Grande Assemblea Nazionale Turca, nel corso di un procedimento volto ad accertare la sussistenza dell’immunità parlamentare di questi ultimi. Da un punto di vista generale, la Corte ribadisce che la presunzione d’innocenza costituisce uno degli elementi fondamentali per assicurare un giusto processo e la sua violazione si esplica qualora una decisione giudiziaria o una dichiarazione da parte di un pubblico ufficiale nei confronti di una persona accusata di un reato rifletta l’opinione che quella persona sia colpevole prima ancora che la sua colpevolezza sia stata accertata secondo la legge. Nel caso di specie, la Corte osserva come l’autorità giudiziaria, nei rapporti di indagine inoltrati al Ministero della Giustizia, abbia utilizzato delle espressioni che riflettevano una presunzione di colpevolezza, e non già d’innocenza, a carico dei ricorrenti, sebbene questi ultimi non fossero ancora stati dichiarati colpevoli per i reati loro ascritti. Una violazione tanto più grave se si considera il ruolo rivestito dalla magistratura nella società per cui è della massima importanza che i tribunali utilizzino un linguaggio consono al principio della presunzione di innocenza, soprattutto se vogliono ispirare la fiducia del pubblico in una società democratica. La Corte ha così ritenuto la fondatezza dei ricorsi per violazione dell’art. 6 della Convenzione.
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