La questione esaminata dalla Corte Edu nella pronuncia qui annotata verte sulla compatibilità con l’art. 8 della Convenzione, e in particolare con il diritto al rispetto della corrispondenza privata, del rifiuto delle autorità penitenziarie turche di inviare una lettera indirizzata dal ricorrente, all’epoca dei fatti detenuto presso una struttura carceraria, a suo fratello (anch’egli detenuto). Da un punto di vista generale la Corte afferma che una qualsiasi ingerenza da parte di un’autorità pubblica nel diritto al rispetto della corrispondenza privata violerà l’articolo 8 della Convenzione a meno che tale ingerenza non sia “conforme alla legge”, persegua uno o più scopi legittimi di cui al paragrafo 2 di detto articolo e sia “necessaria in una società democratica”. La nozione di necessità implica che l’ingerenza corrisponda a un bisogno sociale urgente e la sua valutazione spetta solo preliminarmente alle autorità nazionali poiché il giudizio sulla pertinenza e sufficienza delle ragioni addotte, sotto il profilo della compatibilità con i parametri convenzionali, rimane di competenza della Corte. La questione appare ancora più problematica per l’ipotesi della corrispondenza tra detenuti poiché, per quanto una certa forma di controllo risulti certamente ammissibile, non va trascurata la circostanza che la possibilità di scrivere e di ricevere lettere costituisce talvolta l’unico legame del detenuto con il mondo esterno e perciò assume una notevole importanza anche al fine di mantenere dei contatti con i familiari più stretti. La Corte ribadisce inoltre che quando vengono adottate misure che interferiscono con la corrispondenza dei detenuti, è essenziale vengano fornite le ragioni dell’ingerenza, in modo tale che il ricorrente e/o i suoi consulenti possano accertare che la legge sia stata applicata correttamente e che le decisioni assunte non siano irragionevoli o arbitrarie. Nel merito, i giudici di Strasburgo ritengono che il rifiuto delle autorità penitenziare di spedire la lettera indirizzata dal ricorrente a suo fratello abbia costituito un’indebita ingerenza nel diritto del ricorrente al rispetto della corrispondenza privata ai sensi dell’articolo 8 § 1 della Convenzione; e in effetti le ragioni a sostegno di tale ingerenza, sebbene fondata su un’apposita base giuridica, non sono state considerate dalla Corte pertinenti e sufficienti né tantomeno la misura reputata come necessaria in una società democratica. Per questi motivi la Corte ha ritenuto pienamente fondata la denuncia del ricorrente riscontrando una violazione del parametro convenzionale evocato.
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