Il caso deciso dalla Corte EDU verte sul rifiuto opposto dalle autorità russe di registrare un’associazione pubblica per i diritti umani, avente lo scopo di fornire assistenza legale ai detenuti. I ricorrenti hanno lamentato la violazione dell’art. 11 della Convenzione e, nella specie, del loro diritto alla libertà di associazione. In generale, la Corte ha precisato che sebbene tale disposizione faccia espresso riferimento solo al diritto di costituire sindacati, la costituzione di persone giuridiche in un ambito di interesse reciproco è uno degli aspetti più importanti della libertà di associazione, senza il quale tale diritto sarebbe privo di qualsiasi significato. A tal fine, gli Stati hanno il diritto – nel rispetto del principio di proporzionalità – di esigere dalle organizzazioni che richiedono la registrazione il rispetto di specifiche formalità. Sicché, proprio con riferimento a tale ultimo profilo, i Giudici di Strasburgo hanno ritenuto che le presunte carenze formali eccepite dalle autorità russe non costituissero un motivo sufficiente per negare la registrazione dell’associazione e, per conseguenza, l’ingerenza nella libertà di associazione dei ricorrenti si è rivelata non necessaria in una società democratica, con conseguente violazione dell’articolo 11 della Convenzione.
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