Il caso sottoposto al giudizio della Corte Edu riguarda la procedura di espulsione “last minute” del ricorrente verso il suo Paese di origine e, in particolare, la correttezza della valutazione finale dei rischi operata dalle autorità competenti prima del rimpatrio; una procedura nell’ambito della quale il ricorrente lamenta altresì di non aver avuto a disposizione mezzi di ricorso efficaci per contestare a predetta valutazione.
In proposito, la Corte ribadisce che gli Stati contraenti hanno il diritto, in base al diritto internazionale consolidato e fatti salvi gli obblighi derivanti dai trattati, compresa la Convenzione, di controllare l’ingresso, il soggiorno, l’allontanamento e il rimpatrio degli stranieri. Tuttavia, l’allontanamento o l’espulsione di uno straniero da parte di uno Stato contraente può dar luogo ad una responsabilità dello Stato ai sensi dell’art. 3 della Convezione qualora sussistano fondati motivi per ritenere che la persona in questione, se allontanata o deportata, potrebbe incorrere nel rischio, reale e concreto, di essere sottoposta a trattamenti contrari all’articolo 3 della Convenzione nel Paese di destinazione; per questo motivo, la valutazione dell’esistenza di un rischio reale da parte delle autorità nazionali deve essere necessariamente rigorosa, prendendosi in considerazione non solo le prove presentate dal ricorrente, ma anche tutti gli altri fatti rilevanti per il caso in esame.
Nel merito, il ricorrente aveva affermato di temere persecuzioni da parte delle autorità del Bahrein poiché, peraltro, era stato politicamente attivo nel suo Paese di origine; le autorità, pur non respingendo tali affermazioni, hanno tuttavia ritenuto poco plausibile il resoconto degli eventi fornito dal ricorrente e che la domanda di asilo fosse stata presentata unicamente per ritardare o impedire la sua espulsione.
A giudizio della Corte, le autorità competenti avrebbero adottato un approccio troppo ristretto, inidoneo a garantire un esame attento e rigoroso; lo Stato convenuto, dunque, non avrebbe adempiuto al proprio obbligo procedurale ai sensi dell’articolo 3 della Convenzione, violando la predetta disposizione.