La Corte Edu si pronuncia sul caso di una cittadina russa che nel 2019, all’età di 12 anni, aveva rivelato di aver subito abusi sessuali tra i 7 e i 10 anni, quando viveva con un tutore dopo la morte della madre. In particolare, il caso portato all’attenzione dei Giudici di Strasburgo riguardava la partecipazione della ricorrente alle successive indagini ed al procedimento penale a carico dei presunti abusatori: la giovane donna lamentava, infatti, di aver subito una vittimizzazione secondaria conseguente al forte stress e ai disagi psichici provocati dai ripetuti interrogatori e dal contatto diretto con i suoi presunti molestatori durante il procedimento. La Corte, chiamata ad esaminare se lo Stato convenuto avesse sufficientemente tutelato i diritti della ricorrente durante detto procedimento, tenuto conto della sua particolare vulnerabilità dovuta alla giovane età e alla violenza sessuale asseritamente subita, ha rilevato che le autorità russe avevano mostrato totale disprezzo per la sua sofferenza e non ne avevano tutelato l’integrità personale nel corso del procedimento penale, che aveva, in effetti, ha portato alla sua vittimizzazione secondaria. Di qui il riconoscimento dell’avvenuta violazione del divieto di trattamenti inumani o degradanti (art.3).
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