La Corte EDU sul valore identificativo del cognome in un caso di rimozione d’ufficio del prefisso “von” (CEDU, sez. IV, sent. 17 gennaio 2023, ric. n. 19475/20 e altri)

La pronuncia resa dalla Corte EDU riguarda il caso di quattro ricorrenti tra loro imparentati, i quali hanno lamentato la violazione dell’art. 8 della Convenzione a causa della rimozione d’ufficio dai loro cognomi del prefisso “von”. Nel 2018, il Comune di Graz ha emanato d’ufficio una decisione che modificava il loro cognome e, secondo i ricorrenti, la rettifica e la rimozione automatica di parte del cognome così come il rifiuto di rilasciare una nuova carta d’identità ad uno dei quattro ricorrenti con il cognome originario costituivano un’ingerenza nel loro diritto al rispetto della vita privata e familiare. Gli stessi sostenevano, peraltro, l’illegittimità del provvedimento adottato, in quanto il loro cognome non era legato a origini nobiliari e, quindi, contestavano la stessa applicazione dell’Abolition of Nobility Act. La Corte di Strasburgo ha ricordato in generale che, in quanto mezzo di identificazione personale e di legame con una famiglia, il cognome di una persona riguarda la sua vita privata e familiare, e che le possibili modificazioni possono essere giustificate nell’interesse pubblico e, pertanto, solo per corrispondere a un’esigenza sociale impellente o per perseguire scopi legittimi. Quanto al caso di specie, essa ha valutato la legittimità della base giuridica dell’ingerenza, constatando che l’Abolition of Nobility Act vieta l’uso della particella nobiliare “von”, ma la sua applicazione al caso in esame è discutibile in quanto non soddisfa i requisiti di qualità del diritto ai sensi della Convenzione. Sotto il profilo della necessarietà, ha poi ritenuto che la modifica dei cognomi originari dei ricorrenti, dopo un lungo periodo di uso precedentemente accettato, ed il rifiuto di rilasciare una carta d’identità con tale cognome, non trovano giustificazione. Ignorando, infatti, l’interesse dei ricorrenti a mantenere un cognome con il quale si erano identificati per periodi di tempo molto lunghi, le autorità e i tribunali nazionali non hanno operato il giusto bilanciamento tra gli interessi in gioco, con conseguente violazione dell’articolo 8 della Convenzione.

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