Il Conseil Constitutionnel, su ordinanza di rimessione della Corte di Cassazione (premiére chambre civile, n. 793 del 5.11.2020), è chiamato a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale delle disposizioni di cui all’art. 33, §§ I e II della legge sul divorzio: sulle disposizioni applicabili alla controversia in relazione al momento in cui è posta. Una brevissima premessa: il divorzio consensuale risale, in Francia, alla legge dell’1.7.1975, rispondendo ad istanze sociali di eguaglianza tra i coniugi e favorendo la riduzione dei conflitti, non più necessaria la colpa. La legge del 1975 è stata oggetto di riforma con la legge del 2004, che ha semplificato la procedura di scioglimento del vincolo coniugale. Le disposizioni normative incriminate del citato art. 33 prevedono quanto segue: I. «La presente legge entra in vigore il 1° gennaio 2005»; II. «Si applicherà alle procedure di divorzio introdotte prima della sua entrata in vigore con le seguenti eccezioni: a) Quando l’accordo temporaneo è stato omologato prima dell’entrata in vigore della presente legge, l’azione di divorzio viene proseguita e giudicata secondo la vecchia legge; b) quando la citazione è stata emessa prima dell’entrata in vigore della presente legge, l’azione di divorzio viene perseguita e giudicata secondo la vecchia legge»; prosegue il 2° cpv. della lett. b), «in deroga alla lettera b, i coniugi possono avvalersi delle disposizioni degli articoli 247 e 247-1 del codice civile; il divorzio può essere pronunciato anche per alterazione definitiva del vincolo coniugale se sono soddisfatte le condizioni dell’articolo 238 e nel rispetto delle disposizioni dell’articolo 246». Osserva il ricorrente che, prima della legge del 26 maggio 2004, era prevista, dall’art. 267 del code civil, la «perdita automatica» («revoca»), da parte del coniuge al quale veniva addebitato (colpa) il fallimento della relazione coniugale, di tutti i «vantaggi matrimoniali» concordati. La nuova legge del 2004, all’art. 16, ha abolito questa «revoca automatica», stabilendo nell’articolo 265 del code civil, che: «il divorzio non incide sui vantaggi matrimoniali che hanno effetto durante il matrimonio». Le disposizioni, oggetto di contestazione, si applicano ai divorzi pronunciati dopo il 1° gennaio 2005, entrata in vigore della nuova legge, ad eccezione di coloro che soddisfano le condizioni previste dal riportato § II, lettere a) e b), dell’art. 33, anche se comportano vantaggi matrimoniali concessi in base allo Stato di diritto anteriore. La nuova legge del 2004, fa, dunque, venir meno gli effetti degli accordi legalmente conclusi tra i coniugi nel regime della «vecchia» legge, pregiudicando il «diritto di mantenere» in essere detti accordi. Ciò, secondo il ricorrente, violerebbe le garanzie costituzionali di cui all’art. 16 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, per il quale: «ogni società in cui la garanzia dei diritti non è assicurata, né la separazione dei poteri stabilita, non ha una costituzione». Certamente, il legislatore ha il potere, secondo competenza, di modificare testi legislativi precedenti o abrogarli sostituendoli, tuttavia, non può privare i cittadini delle garanzie costituzionali: in particolare, non può, «senza sufficienti motivi di interesse generale, né pregiudicare situazioni acquisite legalmente né porre in discussione gli effetti che potrebbero legittimamente attendersi da situazioni derivanti dall’influenza di testi precedenti». Vengono in rilievo principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento, garanzie e categorie sovraordinate. Osserva il Conseil che «oggetto» dei «vantaggi matrimoniali» attivati durante il matrimonio è quello di «organizzare, di comune accordo tra i coniugi, la convivenza durante il matrimonio». La «possibile evoluzione delle condizioni legali della loro revoca» non pone in discussione tale «oggetto». Inoltre, le disposizioni normative sulla revoca dei vantaggi matrimoniali in caso di divorzio rientrano nel regime giuridico concernente gli «effetti patrimoniali del divorzio». I coniugi litiganti potrebbero, dunque, aspettarsi che seguano gli sviluppi generali delle conseguenze giuridiche del divorzio, con particolare riferimento agli effetti della «colpa» ed al regime del tempus regit actum. In ogni caso, anche prima della legge del 26 maggio 2004, la sorte dei vantaggi matrimoniali in caso di divorzio, al momento della loro concessione, si dimostrava altrettanto incerta, dipendendo dalle rispettive colpe dei coniugi o dall’iniziativa del divorzio preso o meno da ciascuno o di comune accordo nel procedimento. In maniera significativa, richiamando l’orientamento della Cour de cassation e l’art. 43 della legge 23 giugno 2006, i coniugi che intendano tutelarsi contro il rischio di una sopravvenuta modifica normativa potrebbero decidere di stabilire di comune accordo le condizioni alle quali questi vantaggi coniugali possono essere revocati in caso di divorzio. Alcuna aspettativa giuridicamente rilevante – come esprimersi? – può, dunque, essere configurata in favore dei coniugi circa la futura immodificabilità normativa delle condizioni di revoca dei vantaggi matrimoniali in caso di divorzio, in presenza delle esposte condizioni. Il Conseil afferma, dunque, la conformità a Costituzione delle disposizioni normative oggetto di contestazione.
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