La Corte EDU ha deciso il ricorso presentato da una cittadina italiana, la quale ha lamentato la mancata protezione da parte dello Stato per le violenze domestiche subite e per l’inosservanza delle garanzie procedurali di cui all’articolo 3 della Convenzione in quanto, essendo state più e più volte informate, le autorità nazionali non hanno agito con la prontezza e la diligenza richieste. Come noto, l’ambito di applicazione della suddetta norma convenzionale riguarda i maltrattamenti che raggiungono un livello minimo di gravità e tra questi, certamente, vi rientra la violenza domestica. Qui, come in altre decisioni, la Corte ha ribadito che spetta alle autorità statali adottare misure per proteggere un individuo la cui integrità fisica o psicologica è minacciata dagli atti criminali di un familiare. Nel caso di specie, la Corte ha rilevato che il quadro giuridico italiano è in grado di fornire adeguata protezione contro atti di violenza domestica ed offre un ventaglio sufficiente di possibilità adeguate e proporzionate. Ciononostante, è stato osservato che le autorità: i) sono venute meno al loro dovere di effettuare una valutazione immediata e proattiva del rischio di reiterazione delle violenze commesse; ii) non hanno adottato misure operative e preventive volte a mitigare questo rischio; iii) sapevano o avrebbero dovuto sapere che esisteva un rischio reale e imminente di violenza nei confronti della ricorrente e che, pertanto, la loro condotta omissiva ha integrato la violazione dell’art. 3 CEDU.
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