Il Conseil Constitutionnel, su ordinanza di rimessione della Corte di Cassazione (chambre criminelle, n. 1539 del 17.11.2021), è chiamato a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale degli artt. L. 2141-1 e L. 3123-1 del Codice dei contratti pubblici, per i quali i soggetti destinatari di una condanna definitiva (passata in giudicato) per determinati reati previsti dalle disposizioni normative di riferimento sono escluse dalla possibilità di partecipare a procedure relative all’affidamento di contratti pubblici per un periodo di cinque anni dalla data della condanna. I ricorrenti rimproverano alle disposizioni normative l’effetto di automatismo della sanzione, senza, cioè, alcuna possibilità di valutazione da parte del giudicante, anche nella prospettiva di una rimodulazione dell’effetto escludente a seconda della fattispecie concreta e a protezione del condannato. E’, altresì, sollevata una complessa questione concernente le fonti del diritto, in quanto – com’è noto, riguardando anche l’Ordinamento italiano – la disciplina normativa di cui si discute è di derivazione comunitaria, per semplificare si tratta della c.d. direttiva ricorsi, direttive 2014/23/UE, art. 38, e direttiva 2014/24/UE, art. 57, del 26 febbraio 2014. Il Consiglio costituzionale richiama l’attenzione sull’art. 88-1 della Costituzione, per il quale: «la Repubblica partecipa all’Unione europea composta da Stati che hanno liberamente scelto di esercitare in comune alcuni dei loro poteri in virtù del Trattato sull’Unione europea e del Trattato sul funzionamento della dell’Unione Europea, come risultano dal Trattato firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007». Com’è noto, la trasposizione di una direttiva o l’adeguamento del diritto interno a un regolamento incontrano il limite nel non poter contravvenire a una norma o ad un principio espressione dell’identità costituzionale della Nazione, nell’annotata decisione, della Francia. Il complesso argomento di una legalità costituzionale nel sistema delle fonti franco-comunitarie meriterebbe ben altro approfondimento, sull’esperienza diretta anche dell’ordinamento italiano. Basti almeno considerare che questioni di ordine pubblico, rivolte alla sicurezza sociale e giuridica, in funzione di garanzia di «diritti civili e sociali», sembrano appartenere all’«area materiale di competenza esclusiva dello Stato», perché è in questione l’identità costituzionale dello Stato, si consideri, ad esempio, il principio di laicità (cfr., in maniera particolarmente significativa, V. BALDINI, Emergenza sanitaria e Stato di prevenzione, in questa Rivista, 1, 2020, p. 590 ss.). Vi è, cioè, uno «zoccolo duro» del Menschenbild costituzionale interno che costituisce l’identità costituzionale o Kulursystem del Paese, «non neutrale dal punto di vista dei valori», nella dichiarata «prospettiva della più piena realizzazione dell’istanza personalista delineata in Costituzione» (così, V. BALDINI, «Che cosa è un diritto fondamentale». La classificazione dei diritti fondamentali: profili storico-teorico-positivi, in questa Rivista, 2016, p. 1 ss., ma v. pp. 10 e 20, il quale pone in evidenza la «relazione bifronte-antagonista e, nel contempo, pragmatico-funzionale» dei diritti fondamentali «con il potere pubblico»). Nel rinviare ala lettura della parte motiva della decisione annotata, il Consiglio Costituzionale respinge la questione prioritaria di costituzionalità, ritenendo che le censurate disposizioni normative «si limitano a trarre le necessarie conseguenze dalle disposizioni incondizionate e precise» delle suindicate direttive comunitarie; e non sono destinate a «punire gli operatori economici», bensì «a garantire l’efficacia degli appalti pubblici e il corretto utilizzo dei fondi pubblici». Non si configura, dunque, alcuna «sanzione avente il carattere di punizione». Inoltre, i principi di «necessità e di individualizzazione delle sanzioni», tutelati dal diritto dell’Unione europea, «non costituiscono regole o principi inerenti all’identità costituzionale della Francia». In ogni caso, la sanzione dell’esclusione rispetta le garanzie giurisdizionali interne, potendo essere disposta solo in ipotesi di condanna definitiva, passata in giudicato, all’esito di un regolare processo.
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