La Corte EDU ha deciso il ricorso presentato da un giornale e dal suo caporedattore, i quali avevano lamentato l’ingiustificata e non necessaria ingerenza nel loro diritto alla libertà di espressione per la condanna loro inflitta dalle autorità nazionali in seguito alla pubblicazione di articoli presuntivamente diffamatori. Più in particolare, i ricorrenti avevano denunciato che i tribunali nazionali non avessero addotto motivazioni sufficienti e pertinenti rispetto all’interferenza nel loro diritto e che la somma richiesta a titolo di risarcimento danno fosse sproporzionata. Veniva altresì sottolineato come gli articoli pubblicati avessero ad oggetto questioni di interesse pubblico e riconducibili nell’ambito della libertà di informazione. La Corte EDU ha ritenuto di dover scrutinare la questione solamente sotto il profilo della “necessità in una società democratica” dell’interferenza e se questa rispondesse ad una esigenza sociale urgente. All’esito della sua valutazione il giudice di Strasburgo ha ritenuto che le dichiarazioni ritenute diffamatorie costituissero in gran parte dichiarazioni di fatto tali da non potersi qualificare come giudizi di valore volti a pregiudicare la reputazione del destinatario. E che la sanzione inflitta fosse manifestamente sproporzionata con la conseguenza di interferire in maniera eccessiva e grave nella libertà di espressione. La Corte ha ritenuto infatti che mancasse ogni e qualunque motivazione sufficiente in merito all’esistenza di un bisogno sociale urgente e che le sanzioni irrogate ai ricorrenti non avessero rispettato un ragionevole rapporto di proporzionalità rispetto allo scopo legittimo perseguito con conseguente violazione dell’art. 10 CEDU.
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