La Corte EDU ha deciso il ricorso sollevato da un cittadino croato, condannato per aver violato la libertà di associazione ovvero per aver rifiutato l’iscrizione di diverse persone ad un sindacato nel quale, all’epoca dei fatti, ricopriva il ruolo di rappresentante legale. In virtù della condanna riportata, il ricorrente lamentava la violazione dell’art. 11 CEDU e, nella specie, giustificava il respingimento delle domande di adesione con la motivazione di dover tutelare gli interessi dei suoi iscritti dopo aver ritenuto che gli stessi sarebbero entrati in conflitto con quelli dei nuovi. Alla luce del quadro normativo nazionale di riferimento e sulla base della sua giurisprudenza, la Corte di Strasburgo ha ritenuto più in generale che l’art. 11 CEDU tutela (anche) il diritto dei sindacati di controllare la loro appartenenza e, su questa premessa, ha verificato se l’interferenza da parte dello Stato convenuto fosse necessaria e proporzionata rispetto allo scopo legittimo perseguito e, dunque, se non avesse violato l’art. 11 della Convenzione. Per i giudici di Strasburgo, stante il carattere autonomo e indipendente del sindacato XXX rispetto allo Stato, basato sulla sola adesione volontaria dei lavoratori ha ritenuto che la mancata iscrizione dei nuovi richiedenti non avesse sortito alcun effetto negativo su questi ultimi ben potendo associarsi ad altro sindacato. Inoltre, per la Corte EDU la risposta dei tribunali nazionali rispetto alle azioni intraprese dal ricorrente volte a dimostrare che il suo diniego non fosse volto a negare l’iscrizione in quanto tale ma solo a posticiparla, rimettendo la decisione definitiva alla assemblea annuale, è stata considerata insufficiente e carente in motivazione. Sicché, in assenza di qualsiasi disagio subito dagli aspiranti membri e in mancanza di una motivazione plausibile nelle decisioni dei tribunali nazionali, la Corte ha stabilito che l’interferenza non fosse necessaria in una società democratica. E per conseguenza c’è stata violazione dell’art. 11 CEDU.
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