La Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale l’articolo 6, secondo comma, lettere b) e c) – quest’ultima limitatamente al riferimento alla lettera b) – della legge regionale del Lazio sulla gestione dei rifiuti, per contrasto con l’articolo con 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. E’ stato affermato che nell’attuale assetto costituzionale delle competenze sulla gestione dei rifiuti – che rientra nella materia della tutela dell’ambiente – le Regioni non possono delegare ai Comuni le funzioni amministrative ad esse attribuite dallo Stato in base a una scelta allocativa compiuta con il Codice dell’ambiente. Pertanto, la Regione Lazio non poteva delegare ai Comuni – come ha fatto con la legge n. 27/1998 – né l’approvazione dei progetti degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti provenienti dalla demolizione di automobili e rimorchi e dalla rottamazione di macchinari e apparecchiature deteriorati ed obsoleti e la relativa autorizzazione a realizzare gli impianti né l’approvazione dei progetti di varianti sostanziali in corso di esercizio e relativa autorizzazione alla realizzazione né, infine, l’autorizzazione ad esercitare l’attività di smaltimento e recupero di questi rifiuti. Nella fattispecie, due società di autodemolizione di autoveicoli si erano viste rigettare da Roma Capitale la richiesta di autorizzazione ad esercitare l’attività di smaltimento e recupero di rifiuti pericolosi e contro questa decisione avevano proposto ricorso al TAR Lazio. La dichiarazione di illegittimità costituzionale – ha precisato la Corte – decorre dal 29 aprile 2006, data di entrata in vigore del Codice dell’ambiente, con il quale i principi della riforma del titolo V della Costituzione – successiva alla normativa censurata – si sono tradotti in una specifica disciplina del riparto delle funzioni amministrative, rendendo attuale la discrasia della distribuzione delle competenze disposta dalla legge regionale censurata.
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