Il Conseil Constitutionnel, su ordinanze di rimessione della Corte di Cassazione (chambre criminelle, nn. 2400, 2401, 2402 e 2403 del 14.10.2020), è chiamato a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale delle disposizioni di cui agli artt. 22 e 35 della legge penitenziaria, rispettivamente, rivolte ad affermare: il rispetto della dignità del detenuto, in relazione all’ammissibilità di restrizioni strettamente necessarie al mantenimento della sicurezza e dell’ordine pubblico («bon ordre»), al fine di prevenire recidive e proteggere le vittime, tenendo conto dell’età, dello stato di salute, di disabilità e della personalità del detenuto; ed il mantenimento delle relazioni familiari del detenuto, attraverso l’esercizio del diritto di visita, «gli imputati possono essere visitati dai familiari o da altri almeno tre volte alla settimana, e i condannati almeno una volta alla settimana» (così, l’art. 35). L’esercizio del diritto di vista, prosegue la disposizione normativa, può essere negato soltanto qualora esigenze di sicurezza e di ordine pubblico lo rendano necessario. Si rimprovera alle disposizioni normative di non tenere conto della eccessiva lontananza del luogo di detenzione provvisoria nel caso di persona sottoposta a custodia cautelare. Lontananza che, di fatto, priverebbe della possibilità di mantenere effettivi legami familiari, ostacolando l’esercizio del diritto di visita. Di conseguenza, le previsioni normative violerebbero il diritto ad una «vita familiare normale» e sarebbero, altresì, viziate da incompetenza negativa. Il diritto ad una «normale vita familiare» è, certamente, una delle garanzie costituzionali fondamentali, stabilita al X Capoverso del Preambolo della Costituzione francese del 27 ottobre del 1946: «la Nazione assicura all’individuo e alla famiglia le condizioni necessarie al loro sviluppo», che richiama la straordinaria presbiopia della Costituzione francese del 4 novembre 1848, IV Capoverso del Preambolo. Al riguardo, è da ricordare quanto osservava l’insigne Maestro, P. CALAMANDREI, Intervento del 4.3.1947 in Assemblea costituente. Atti. Discussioni, Camera dei Deputati, Roma, 1947, p. 1473 e ss.: la Costituzione «deve essere presbite, deve vedere lontano, non essere miope». Il Conseil constitutionnel rileva come spetti al legislatore stabilire regole di procedura di diritto penale in attuazione degli esposti sovraordinati principi. Regole, queste, che, nel disciplinare sotto il profilo temporale l’esercizio del diritto di visita, non contengono alcuna previsione circa il luogo di detenzione provvisoria. Il luogo di esecuzione della misura di detenzione provvisoria è individuato dal legislatore in relazione all’esigenza di garantire la prossimità al luogo della giurisdizione del giudice che conduce l’istruttoria, al fine anche di agevolare il contatto della persona sottoposta a detenzione provvisoria con il giudice istruttore, durante le indagini. Si tratta, inoltre, di una detenzione limitata ad un periodo di tempo ragionevole in relazione alla gravità delle accuse ed alla complessità delle indagini necessarie all’accertamento della verità. Limiti di durata stabiliti dagli artt. 145-1 e 145-2 del cod. proc. pen. A ciò si aggiunga la previsione di diverse garanzie al fine di dare effettività alla conservazione del legame familiare, tra le quali, oltre alla possibilità dei tre incontri settimanali, la possibilità, prevista dall’art. 36 della legge del 24 novembre 2009, di tener «conto della distanza del visitatore» al fin di una maggiore durata dell’incontro, nonché la possibilità di telefonare ai familiari e di corrispondere per iscritto con chiunque. In ragione di quanto precede, le disposizioni normative oggetto di contestazione sono ritenute dal Conseil conformi a Costituzione.
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