Il Tribunale costituzionale portoghese su alcune questioni afferenti alla sfera lavoristica (Tribunal Constitucional, Plenário, acórdão 18 maggio 2021, n. 318)

Il Tribunale costituzionale portoghese ha giudicato la legittimità costituzionale di alcune previsioni del Codice del lavoro. La previsione che estende, per coloro che cercano il primo impiego e per i disoccupati di lungo periodo, da 90 a 180 giorni il periodo di prova del contratto a tempo
indeterminato per l’esercizio di funzioni non qualificate non viene dichiarata incostituzionale in quanto non risulta dimostrata la violazione dei principi di proporzionalità e di eguaglianza. Considerato che la legge che ha introdotto questa disciplina ha contemporaneamente previsto che
le due suddette condizioni (quella di chi cerca il primo lavoro e quella di disoccupato di lungo periodo) non consentono più l’assunzione a tempo determinato, la restrizione del diritto alla sicurezza del lavoro previsto all’art. 53 della Costituzione non risulta sproporzionata, in quanto
non risultano mezzi meno restrittivi per perseguire con la stessa intensità il fine della misura, ovvero la promozione dell’assunzione a tempo indeterminato delle predette categorie di soggetti, e l’estensione del termine del periodo di prova trova giustificazione nella contropartita consistente
nella potenziale stabilizzazione dei rapporti lavorativi a tempo indeterminato. Il trattamento differenziato, rispetto alla generalità dei lavoratori che svolgono funzioni non qualificate e non specializzate, non è arbitrario o ingiustificato, in quanto le due predette categorie vulnerabili, cui la misura intende apprestare protezione, hanno rilevanza statistica e un’autonomia nella legislazione nazionale fondata su una base empirica. Tuttavia, il Tribunale dichiara l’incostituzionalità della previsione che estende la durata del periodo di prova a 180 giorni per coloro che cercano il primo impiego, ove applicabile anche ai lavoratori che siano stati precedentemente assunti per svolgere la stessa attività da altro datore di lavoro con contratto a tempo determinato di durata pari o superiore a 90 giorni: assoggettare alla stessa durata di 180 giorni il periodo di prova di questi ultimi e dei lavoratori alla ricerca del primo impiego privi di quella esperienza professionale è in contrasto con il principio di eguaglianza, posto che nel periodo di 180 giorni va ravvisato un segmento temporale di 90 giorni volto a far sì che le parti si conoscano e si formino un giudizio
sulle condizioni di un rapporto contrattuale a tempo indeterminato, e un altro segmento temporale di 90 giorni volto a far acquisire un minimo di esperienza professionale generica al lavoratore. Un’altra questione riguarda l’ampliamento del campo di applicazione dei contratti di brevissima durata, una misura volta a contrastare il lavoro irregolare. Anche in questo caso non risulta violato il principio di proporzionalità, visto che la misura è idonea a raggiungere l’obiettivo perseguito, non viene dimostrata con sicurezza l’esistenza di mezzi alternativi meno restrittivi capaci di raggiungere il fine con uguale grado di efficacia, e l’equilibrio fissato dal legislatore è ragionevole alla luce delle tutele stabilite e della rilevanza dell’interesse pubblico perseguito. La differenza di trattamento tra i contratti di brevissima durata e gli altri contratti a tempo determinato consistente nelle rinuncia per i primi alla forma scritta non è arbitraria e non viola il principio di eguaglianza, essendo congruente con l’obiettivo di favorire il passaggio al lavoro regolare per le prestazioni lavorative molto brevi. Un’ulteriore questione riguarda la cessazione dei contratti collettivi per estinzione dell’associazione sindacale o dell’associazione dei datori di lavoro: il Tribunale costituzionale ritiene che il legislatore, ai sensi dell’art. 56, commi 3 e 4 della Costituzione, abbia esercitato la propria libertà di disciplinare tale materia, senza intaccare il nucleo essenziale del diritto alla contrattazione collettiva.

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