La Corte Costituzionale francese sulla legge sulla programmazione della ricerca per gli anni dal 2021 al 2030 ed in materia di istruzione superiore Legge n. 2020-1674, del 24.12.2020 (Conseil Constitutionnel, sent. n. 2020-810 DC, del 21.12.2020)

La legge è stata promulgata dopo la decisione, parzialmente favorevole, del Conseil Constitutionnel, dinanzi al quale era stata deferita da un cospicuo gruppo di Deputati e Senatori dell’Assemblea Nazionale. La decisione emessa dal Conseil conclude un giudizio a priori di costituzionalità, appartenendo alla categoria DC, Contrôle de constitutionnalité des lois ordinaires, lois organiques, des traités, des règlements des Assemblèes. Oggetto di contestazione è, in particolare, il nuovo «percorso di reclutamento» dei Professori di Università, che, secondo gli istanti, violerebbe il principio fondamentale di indipendenza degli insegnanti-ricercatori, in considerazione del fatto che la nomina in ruolo («titularisation») sembrerebbe, sostanzialmente, dipendere dalla decisione del Capo dell’Istituto, che potrebbe non tener conto del parere della Commissione per la nomina in ruolo composto da insegnanti-ricercatori. Inoltre, le condizioni stabilite dal legislatore per la nomina dei componenti della Commissione di valutazione non assicurerebbero idonee garanzie di indipendenza. Il candidato reclutato, al quale verranno fissati degli obiettivi al fine di ottenere la nomina in ruolo, si troverebbe «in balia» della decisione del Capo dell’Istituto. Si contesta, sotto questo profilo, un cattivo esercizio del potere da parte del legislatore, in considerazione dell’assenza di una idonea procedura di valutazione da parte di un organismo nazionale circa le qualità scientifiche del candidato. Circostanza, questa, che arrecherebbe vulnus al principio della parità di accesso al pubblico impiego, comunemente, soddisfatto attraverso la procedura del pubblico concorso, che solo possiede quelle necessarie garanzie di legge, in attuazione dell’art. 6 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, per il quale: tutti i cittadini «sono ugualmente ammissibili a tutte le dignità, posti ed impieghi pubblici, secondo la loro capacità e senza altra distinzione che quella delle loro virtù e dei loro talenti». Ciò, osserva il Conseil, naturalmente non vuol significare che non vi possano essere criteri di valutazione di merito differenziati in ragionevole corrispondenza alle effettive esigenze della Pubblica Amministrazione ed in relazione ai diversi impieghi pubblici. Rileva, al riguardo, anche l’art. 34 della Costituzione che fissa il principio per il quale spetta alla legge stabilire «i principi fondamentali» in materia di insegnamento, tra i quali, la regola per la quale i Professori di Università e gli Assistenti («maîtres de conférences») siano coinvolti («associés») nella scelta dei loro pari. Il § 2 dell’art. 4 della legge in esame inserisce, poi, l’art. L. 952-6-2 nel Codice dell’insegnamento, che permette al Ministro dell’Istruzione di autorizzare un Istituto di ricerca pubblica o di Istruzione superiore ad assumere, in qualità di pubblico impiegato a contratto («agent contractuel de droit public») una persona in vista della sua nomina in ruolo nel corpo dei professori dell’Istituto stesso, allorché una simile assunzione risponda a specifiche esigenze legate alla sua strategia scientifica o alla sua attrattività internazionale, in ambiti di ricerca per i quali si giustifichi una simile esigenza. Questo percorso di reclutamento non può riguardare più del 15% delle assunzioni autorizzate a livello nazionale nel corpo dei professori o più del 25% di questi ultimi quando il loro numero è inferiore a cinque. Secondo il Conseil non vi sarebbe violazione degli espositi principi fondamentali, in quanto l’assunzione è, comunque, subordinata ad un pubblico concorso, al quale possono partecipare, al fine di garantire la qualità del reclutamento, persone in possesso di un dottorato di ricerca o titolo equivalente. Inoltre, il meccanismo di reclutamento si sviluppa in tre fasi: una fase iniziale di scelta del candidato, secondo le regole del concorso; una seconda fase contrattuale della durata da tre a sei anni, per verificare capacità ed attitudini del reclutato, al fine di consentire di acquisire il titolo di studio richiesto per l’esercizio delle funzioni di professore in cui può essere abilitato. L’ultima fase, dell’immissione in ruolo, per valutare il valore scientifico e la capacità di esercitare le funzioni di insegnante-ricercatore e le ulteriori condizioni di permanenza in carica. Secondo il Conseil queste tre fasi della procedura di assunzione e permanenza in carica garantirebbero una valutazione oggettiva del merito dei candidati. La nomina effettiva giunge, al termine di tale iter valutativo, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Responsabile della struttura, con la previsione di alcune ulteriori garanzie. L’art. 4 è, dunque, ritenuto conforme a Costituzione. Le ulteriori contestazioni, proposte nel giudizio a priori di costituzionalità, sono rivolte a denunciare un non corretto svolgimento del dibattito parlamentare, in violazione dei requisiti costituzionali di chiarezza e sincerità. Contestazioni del pari respinte dalla Corte. Ulteriori contestazioni vengono rivolte, infine, alla procedura di selezione, nella misura in cui accentuerebbero poteri eccessivamente discrezionali di valutazione del Capo dell’Istituto e, comunque, per diverse ragioni, comprometterebbero gli esposti principi fondamentali di cui in Costituzione. La Corte condivide alcune di queste contestazioni ed osserva, al riguardo, che la violazione potrebbe essere esclusa soltanto ove la valutazione finale di immissione in ruolo non sia fondata su ragioni estranee rispetto all’attività istruttoria e di valutazione posta in essere durante le fasi di reclutamento, potendo, altrimenti, risultare arbitraria e, comunque, incongrua, configurandosi, di conseguenza, le violazioni paventate. Sono, poi, oggetto di valutazione ulteriori previsioni del disegno di legge, che, anche secondo la ricostruzione della Corte, non si porrebbero, però, in stretto e necessario collegamento con il corpo del provvedimento legislativo che si vuol adottare. Tra queste, un cenno all’art. 38, che inserirebbe nel Codice dell’insegnamento il reato di violazione di domicilio nei locali di un Istituto: si contesta, in proposito, l’inserimento ex abrupto di questa previsione, non collegata al resto del provvedimento; ed in ogni caso, la non proporzionalità della sanzione. La Corte condivide le contestazioni mosse e le accoglie, affermando la contrarietà di alcune di queste disposizioni, tra le quali l’art. 38, a Costituzione, anche sul rilievo di una sostanziale carenza di collegamento, neppure indiretto, al resto dei provvedimenti apparsi nel disegno di legge depositato presso l’Assemblea Nazionale. Per il resto, anche per ragioni di sintesi, si rinvia alla decisione.

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