La Corte Costituzionale francese esprime il proprio consenso, con alcune prescrizioni, circa l’approvazione di una legge volta a garantire e regolamentare l’espace numérique, onde prevenire i pericoli dell’infosfera a protezionein particolare del best interest of the child (Conseil Constitutionnel, sent. n. 2024-866 DC, del 17.5.2024)

L’annotata, significativa, decisione sulla conformità costituzionale del Conseil Constitutionnel
appartiene alla tipologia delle decisioni DC, Contrôle de constitutionnalité des lois ordinaires, lois
organiques, des traités, des règlements des Assemblèes. Si tratta di un giudizio a priori di costituzionalità.
Numerosi deputati chiedono alla Conseil di esprimere il proprio parere circa l’approvazione di una
legge rivolta a garantire e regolamentare l’espace numérique, ossia lo «spazio digitale» o, citando in
metafora Floridi, l’infosfera. Il Consiglio costituzionale condivide molte disposizioni del progetto di
legge, censurandone, tuttavia, alcune in quanto lesive dell’esercizio della libertà di espressione:
precisamente alcune disposizioni dirette a reprimere il reato d’outrage en ligne (di disprezzo online),
ma che, nel disporre una sanzione forfetaria, non appaiono ragionevoli e proporzionate. E’ oggetto
di contestazione in particolare l’art. 2 della legge che attribuisce ampi poteri sanzionatori all’Autorità
nel disporre provvedimenti di blocco o dereferenziazione (cioè, eliminazione della pagina web)
allorché un servizio pubblico di comunicazione o un servizio su piattaforma di condivisione video
consenta ai minori di accedere a contenuti pornographiques. Si contesta alla disposizione normativa
di attribuire poteri sanzionatori eccessivi, per periodi di tempo eccessivi, all’Autorità anche nelle
ipotesi in cui i contenuti in questione non siano di per sé illegali. In tal senso, queste misure
sanzionatorie, secondo i ricorrenti, si tradurrebbero in misure eccessive e non proporzionate,
dunque, lesive della libertà di espressione e di comunicazione. Il Conseil ricorda, innanzitutto, che
l’articolo 11 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 stabilisce che: «la libera
comunicazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei beni più preziosi dell’uomo; ogni cittadino
può dunque parlare, scrivere, stampare liberamente, salvo rispondere dell’abuso di questa libertà
nei casi determinati dalla legge». Nella contemporanea società dell’infosfera questa libertà tende ad
identificarsi, nell’ottica democratica, nella libertà di accesso ai servizi di comunicazione pubblica. Al
riguardo, l’art. 34 cost. prevede inoltre che la «legge» debba stabilire le «norme concernenti (…) i
diritti civili e le garanzie fondamentali accordate ai cittadini per l’esercizio delle libertà pubbliche».
Spetta, dunque, al legislatore adottare disposizioni circa l’esercizio di questa libertà di
comunicazione e di espressione, onde impedire abusi lesivi dell’«ordine pubblico» e di «diritti di
terzi». La prospettica democratica rende rilevante questa libertà con la conseguenza che «atteintes»
(attentati) all’esercizio di tale libertà devono essere necessariamente adeguati e proporzionati
all’obiettivo perseguito. Sulla scorta di queste riflessioni, il Consiglio costituzionale rileva che
attribuire all’autorità amministrativa il potere di disporre misure di blocco e di dereferenziazione ha
la funzione di proteggere soggetti vulnerabili, per ciò che qui direttamente interessa, attraverso il
rinvigorimento della lotta contro l’accesso da parte di minori a contenuti pornografici online. Il
legislatore ha, cioè, inteso dare così attuazione all’obbligo costituzionale di protezione dell’interesse
superiore del minore, il best interest of the child e, al contempo, perseguire l’obiettivo di valore
costituzionale di prevenire violazioni dell’ordine pubblico. Inoltre, le misure sanzionatorie di cui si
discute possono essere imposte per un periodo massimo di due anni e si applicano solo ai siti web
che consentono simili accessi ai minori, in violazione dell’art. 227-24 del codice penale. Al reo gestore
del sito è, inoltre, consentita la partecipazione al procedimento amministrativo attraverso la
presentazione di osservazioni motivate e di porre rimedio alla situazione di illegalità, adottando,
entro quindici giorni, misura idonee ad impedire tali accessi. E’, altresì, prevista la possibilità di
riesame delle misure disposte su richiesta dell’interessato o anche d’ufficio, almeno una volta
all’anno e l’autorità è tenuta a ritirare le misure adottate là dove vengano meno i fatti per i quali le
sanzioni sono state disposte. Ne discende che, secondo il Consiglio, la previsione della durata
massima dei provvedimenti di blocco e di eliminazione delle pagine web che l’autorità
amministrativa può disporre non appare proporzionata rispetto all’obiettivo perseguito dal
legislatore, in quanto potrebbe porsi, nel senso precisato di cui in motivazione, in contrasto con le
descritte garanzie di legge, data anche la sommarietà del procedimento amministrativo attraverso il
quale le misure vengono adottate (v. artt. L. 521-1 e L. 521-2 del codice di giustizia amministrativa). Il
Consiglio Costituzionale, in ragione di quanto precede, ritiene dunque infondate le censure circa la
violazione della libertà di espressione e di comunicazione e dichiara coerenti con la Costituzione le
disposizioni contestate. Seguono ulteriori considerazioni sul reato di oltraggio in rete, la cui punibilità
è, tuttavia, da ben circoscrivere, onde evitare sovrapposizioni con altre fattispecie, quali reati di
minaccia, violenza sessuale, molestie morali e ingiurie di carattere discriminatorio; ed onde accertare
correttamente i costituenti degli illeciti penali, sia di ordine soggettivo che oggettivo. L’intervento del
Conseil Constitutionnel è particolarmente significativo, oltre il controllo di costituzionalità sulla legge
proposta, nell’indicarci la via dell’educazione a valori costituzionali condivisi. Con le parole di Byung
Chul Han (Infocrazia, Torino, 2021): «mentre pensiamo di essere liberi, oggi siamo intrappolati in
una caverna digitale. Siamo incatenati allo schermo digitale», nel ricordare il mito della caverna di
Platone, verso un «nuovo nichilismo dei valori». Ciò che particolarmente preoccupa è la solitudine del
minore nella caverna digitale, la formazione della sua personalità nell’assenza di riferimenti e di una
«fattualità», non solo genitoriale, alla quale aggrapparsi.

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