Il Consiglio di Stato si pronuncia sul servizio di smaltimento dei rifiuti: il valore dell’iniziativa economica privata in correlazione con la tutela dell’ambiente e della salute pubblica (Consiglio di Stato, Sez. II, sentenza 7 marzo 2024, n. 2255)

Il Consiglio di Stato interviene nuovamente in materia di gestione dei rifiuti, chiarendo i complessi
meccanismi di riparto delle relative competenze amministrative e ridefinendo – alla luce del
novellato art. 41 Cost. – i termini del bilanciamento del valore dell’iniziativa economica privata con
le esplicitate necessità di tutela dell’ambiente e della salute pubblica.
Quanto al primo aspetto, il Collegio di Palazzo Spada inserisce a pieno titolo l’Autorità di
Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) tra gli attori istituzionali abilitati a concorrere,
nell’ambito dell’articolato sistema di governance esistente, all’erogazione del servizio di gestione dei
rifiuti.
Nello specifico, l’Autorità, in ossequio alle ineludibili esigenze di protezione di un bene unitario e
primario quale è l’ambiente, è correttamente chiamata ad esercitare funzioni di regolazione della
qualità (tecnica e contrattuale) e di determinazione tariffaria. Spetta, pertanto, all’ARERA
l’individuazione dei criteri pe la definizione delle tariffe di accesso agli impianti di trattamento e
smaltimento dei rifiuti, nonché l’individuazione dei c.d. impianti di chiusura del ciclo minimi;
coerentemente con il meccanismo regolatorio fissato dall’Authority, le Regioni sono poi tenute a
specificare gli impianti eventualmente minimi, a chiusura del ciclo nel proprio territorio.
Di talché, l’assoggettamento di impianti di smaltimento dei rifiuti al regime degli impianti minimi
pone in rilievo la questione della incisione del diritto allo svolgimento di attività economica garantito
dall’art. 41 Cost. in correlazione con la protezione dell’ambiente.
Il servizio di smaltimento, infatti, comporta rilevanti implicazioni negative sotto il profilo
ambientale, richiedendo una regolazione pubblica a protezione dei beni collettivi.
Per il Consiglio di Stato, dunque, l’art. 41 Cost. (in combinato con l’art. 9 Cost.), nell’accostare
dialetticamente la tutela dell’ambiente con il valore dell’iniziativa economica privata, segna il
superamento del bilanciamento tra valori contrapposti all’insegna di una nuova assiologia
compositiva, per cui lo sviluppo economico deve integrarsi con la necessità di preservare il primo.
Ne consegue che l’intervento pubblico si giustifica in termini non soltanto negativi, nella direzione
di produrre senza inquinare (art. 41, comma secondo, Cost.), ma anche proattivi, mirando ad una
conformazione ecologica della politica industriale (art. 41, comma terzo, Cost.).

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