Un tema di scottante attualità. Attraverso l’annotata decisione il Consiglio costituzionale, «in
termini inediti», invita il Legislatore a prestare maggiore attenzione allorché adotti misure suscettibili
di provocare danni gravi e duraturi all’ambiente. Precisamente, la Corte invita a prevedere adeguate
misure di vigilanza onde assicurare quel fondamentale sviluppo ambientale sostenibile, così da
preservare l’ambiente e relative scelte intese a soddisfare i bisogni del presente senza compromettere
risorse per le generazioni future e gli altri popoli, che hanno eguali diritti di soddisfare i propri bisogni,
attraverso l’esercizio di proprie libertà di scelta. Il Consiglio interviene su una delicata questione di
costituzionalità relativa all’articolo L. 542-10-1 del Codice dell’ambiente, modificato nel 2016, che
stabilisce specifiche regole per la creazione di impianti di stoccaggio reversibili in strati geologici profondi
per rifiuti radioattivi a lunga vita e ad alta e media attività. La reversibilità dello stoccaggio (stockage
réversible), legata pure a termini minimi di durata, onde ridurre il più possibile ogni impatto
ambientale, è la condizione posta dalla suindicata disposizione onde consentire la realizzazione
centri di stoccaggio in strati geologici profondi di rifiuti radioattivi. Chi intende utilizzare energia
nucleare deve provvedere anche allo smaltimento delle scorie. Studi specialistici di riferimento
giungono alla conclusione che lo «stoccaggio geologico definitivo e vigilato» sia l’unico metodo di
smaltimento delle scorie radioattive che soddisfa i requisiti di sicurezza a lungo termine. Il principio posto a base di simili modelli di stoccaggio è, diffusamente e naturalmente, individuato nell’esigenza di
proteggere persone e ambiente, nel cui contesto assume rilevanza la possibilità, attraverso il c.d.
stoccaggio finale, di recuperare le scorie, attraverso la reversibilità. Si tratta di procedimenti (dalla
realizzazione dei siti alla chiusura in strati geologici) di lunghissima durata, durante i quali si
manifestano significative evoluzioni scientifiche e tecnologiche. In sostanza, la scelta circa la chiusura
degli strati geologici appare determinata dall’evoluzione delle conoscenze scientifiche ed è,
necessariamente, rimessa alle generazioni future. Nella fattispecie concreta, si contesta alle suindicate
disposizioni del codice dell’ambiente di non assicurare questa reversibilità e, di conseguenza, di
impedire proprio simili scelte alle generazioni future, a danno delle quali, tuttavia, si produrranno
eventuali e conseguenti danni irrimediabili all’ambiente, con particolare riferimento alle risorse idriche.
Nella sostanza, si contesta alle disposizioni normative censurate di non avere in adeguata
considerazione il diritto delle generazioni future a vivere in un ambiente equilibrato e rispettoso della salute. Il Consiglio Costituzionale richiama l’attenzione sull’art. 1 della Carta ambientale, per il quale: «ogni
individuo ha diritto a vivere in un ambiente equilibrato che rispetti la salute». Inoltre, il settimo
comma del preambolo stabilisce che, «al fine di garantire uno sviluppo sostenibile, le scelte intese a
soddisfare i bisogni del presente non devono compromettere la capacità delle generazioni future e degli altri popoli di soddisfare i propri bisogni». In ragione di queste disposizioni, il Legislatore deve garantire che le «scelte destinate a soddisfare i bisogni del presente non compromettano la capacità delle
generazioni future e degli altri popoli di soddisfare i propri bisogni, preservando la loro libertà di
scelta al riguardo». Eventuali limitazioni possono essere ammesse ove siano giustificate da
necessarie esigenze costituzionali o ragioni di interesse generale e proporzionate all’obiettivo perseguito. Insomma, secondo ragionevolezza e proporzionalità. Nel caso in indagine, il Consiglio rileva che consentire lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi in impianti sotterranei rischia, tenuto conto della
pericolosità e della durata di simili rifiuti, di avere un impatto negativo sull’ambiente. Tuttavia, nei
limiti di competenza del Consiglio stesso, al quale non compete verificare se gli obiettivi fissati dal
legislatore avrebbero potuto essere raggiunti con altri mezzi, si osserva che i metodi di stoccaggio
di cui si discute, adottati dal legislatore, non sembrano, allo stato delle conoscenze scientifiche e
tecniche, manifestamente inadeguati rispetto agli obiettivi. Inoltre, l’art. L. 542-10-1 del codice
dell’ambiente impone il rispetto di puntuali e decisive condizioni al fine della realizzazione e del
funzionamento di simili siti di stoccaggio in strati geologici profondi di rifiuti radioattivi, peraltro
assoggettati a specifici procedimenti amministrativi autorizzativi, nel cui contesto vengono svolte
relative attività istruttorie attraverso i competenti Uffici (in particolare, Agenzia nazionale per la
gestione dei rifiuti radioattivi e Ufficio Parlamentare per la Valutazione delle Scelte Scientifiche e
Tecnologiche, che valuta il dossier istruttorio e riferisce alle competenti Commissioni dell’Assemblea
Nazionale e del Senato). Nell’esame della richiesta di autorizzazione è valutata la sicurezza del sito,
compresa la chiusura definitiva; e l’autorizzazione è rilasciata con la previsione di un periodo
minimo durante il quale, in via cautelare, deve essere assicurata la reversibilità dello stoccaggio,
periodo non inferiore a cento anni. Inoltre, l’autorizzazione alla messa in servizio è limitata ad una fase
pilota che deve consentire di confermare la natura reversibile dello stoccaggio e dimostrare la sicurezza
dell’impianto, in particolare attraverso un programma di prove in situ. I risultati sono oggetto di
verifica da parte dell’Agenzia nazionale per la gestione dei rifiuti radioattivi, nonché degli altri enti
preposti a tal fine. E’, infine, prevista la possibilità di chiudere definitivamente il sito e l’esercizio di
necessari poteri di controllo, dopo la chiusura definitiva e per un periodo più lungo di tempo. E,
altresì, garantita la partecipazione dei cittadini durante tutta l’attività di stoccaggio, attraverso
l’aggiornamento, ogni cinque anni, in consultazione con tutte le parti interessate e il pubblico dei
cittadini. Per queste ragioni, che non lasciano qualche legittima perplessità, il Consiglio costituzionale conclude per la conformità delle disposizioni alla Costituzione.