La decisione in oggetto concerne l’asserita violazione del diritto al consenso informato, lamentata da una cittadina di nazionalità ucraina la quale, in via d’urgenza, era stata sottoposta ad un intervento di nefrectomia sebbene il personale sanitario non avesse rappresentato alla paziente l’eventualità di una procedura di asportazione del rene. In primo luogo la Corte ribadisce che gli Stati, ivi compresi gli ospedali pubblici e privati, sono obbligati, ai sensi dell’art. 8 Cedu, ad adottare ogni misura necessaria a garantire l’integrità fisica e psicologica dei pazienti e ad informare questi ultimi su tutte le conseguenze che potrebbero derivare dall’esecuzione di una procedura medica. Nel caso di specie i giudici hanno osservato la mancanza di un quadro giuridico idoneo all’adempimento dell’obbligo positivo di cui si tratta, riscontrando altresì l’assenza di linee guida nazionali o locali, standard o procedure ospedaliere formalizzate che garantissero la corretta attuazione delle disposizioni legislative inerenti alla protezione del diritto al consenso informato dei pazienti, determinando così una violazione dell’art. 8 Cedu.
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