La Corte Costituzionale francese sull’obbligo per i vettori aerei di reindirizzare gli stranieri il cui ingresso in Francia è rifiutato: dal diritto dell’immigrazione al diritto della persona e da Schengen e ritorno. Artt. L. 213-4 e L. 625-7, co. 1, del Code de l’entrée et du séjour des étrangers et du droit d’asile (Conseil Constitutionnel, sent. n. 2021-940 QPC, del 15.10.2021)

Un tema, questo dell’immigrazione e degli Accordi di Schengen, di scottante e drammatica attualità. L’art. L. 213-4 del Code de l’entrée et du séjour des étrangers et du droit d’asile, prevede che: «quando viene rifiutato l’ingresso in Francia ad uno straniero che non è cittadino di uno Stato membro dell’Unione europea, la società di trasporto aereo o marittimo che lo ha trasportato è tenuta a riportare senza indugio, su richiesta delle autorità preposte al controllo delle persone alla frontiera, lo straniero al punto in cui ha iniziato ad utilizzare il mezzo di trasporto di detta società, o, se ciò non è possibile, nello Stato che ha rilasciato il titolo di viaggio con il quale egli ha viaggiato o in qualunque altro luogo ove egli possa essere ammesso». L’art. L. 625-7, co. 1, dello stesso codice stabilisce che è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria fino a 30.000 euro «l’impresa di trasporto aereo o marittimo che non rispetta gli obblighi di cui agli articoli da L. 213-4 a L. 213-6». La società ricorrente, una nota compagnia aerea, rimprovera a queste disposizioni di obbligare le imprese di trasporto aereo a reindirizzare («réacheminer») le persone straniere alle quali l’accesso nel territorio nazionale è stato rifiutato, attribuendo ad esse, altresì, il potere di disporre costrizioni, ove necessarie, a carico di coloro il cui comportamento presenti rischi per la sicurezza nazionale. Simili disposizioni normative, secondo il ricorrente, avrebbero come effetto quello di delegare ad un privato poteri di polizia amministrativa generale inerenti all’esercizio della forza pubblica, in violazione dell’articolo 12 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, secondo cui: «la garanzia dei diritti dell’uomo e del cittadino ha bisogno di una forza pubblica; questa forza è dunque istituita per il vantaggio di tutti e non per l’utilità particolare di coloro ai quali essa è affidata». La società ricorrente critica queste disposizioni in quanto obbligano, altresì, a trattenere contro la loro volontà e durante tale reindirizzamento, le persone che rifiutano di sottoporsi a simili misure restrittive, in violazione dell’art. 66 della Costituzione, per il quale «nessuno può essere detenuto arbitrariamente». Si tratta, secondo la ricorrente, di disposizioni che espongono, inoltre, l’impresa a responsabilità ove l’inesecuzione degli obblighi sia imputabile soltanto al comportamento dei passeggeri, senza neppure prestare adeguata attenzione all’art. 9 della Dichiarazione del 1789 che presume «innocente ogni uomo sino a quando non sia stato dichiarato colpevole»; e «se si ritiene indispensabile arrestarlo, ogni rigore non necessario per assicurarsi della sua persona deve essere severamente represso dalla legge». Inoltre, tutti i costi connessi all’obbligo di reindirizzamento finiscono con il gravare sulle imprese di trasporto, in violazione anche di principi di ragionevolezza e proporzionalità. In tal caso, in violazione dell’art. 13 della Dichiarazione del 1789, per il quale: «per il mantenimento della forza pubblica, e per le spese d’amministrazione, è indispensabile un contributo comune: esso deve essere ugualmente ripartito fra tutti i cittadini in ragione delle loro capacità». Infine, tali disposizioni, non prevedendo alcuna eccezione a quest’obbligo di reindirizzamento, risulterebbero afflitte anche da vizio di «incompetenza negativa» o difetto di attribuzione. Il Conseil Constitutionnel richiama l’attenzione sull’art. 88-1 della Costituzione, secondo cui: «la Repubblica partecipa all’Unione europea composta da Stati che hanno liberamente scelto di esercitare in comune alcune delle loro attribuzioni in virtù del Trattato costitutivo dell’Unione europea e del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, come risultano dal Trattato firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007». Tuttavia, la trasposizione di una direttiva o l’adeguamento del diritto interno a un regolamento non può andare contro una norma o un principio inerente all’identità costituzionale della Francia, salvo che i Costituenti l’abbiano consentito. Ove una simile regola o principio non siano posti in discussione, il Conseil non ha competenza a controllare la conformità alla Costituzione di disposizioni legislative che si limitino a trarre le necessarie conseguenze da disposizioni incondizionate e precise di una direttiva o di un regolamento dell’Unione europea. Osserva la Corte che, in questo caso, solo ai giudici dell’Unione europea, aditi se necessario in via pregiudiziale, spetta di vigilare sul rispetto, da parte di queste direttive o regolamenti, dei diritti fondamentali garantiti dall’articolo 6 del Trattato sull’Unione europea. Inoltre, ai sensi dell’art. 26 della Convenzione di attuazione dell’Accordo di Schengen del 19 giugno 1990, gli Stati firmatari si sono impegnati a stabilire l’obbligo per le imprese di trasporto di «prendere in carico senza indugio» gli stranieri cui è stato rifiutato l’ingresso nel territorio di tali Stati e di riportarli in uno Stato terzo. Obbligo, questo, ripreso e precisato nella direttiva del 28 giugno 2001. Le disposizioni del Code de l’entrée et du séjour des étrangers et du droit d’asile oggetto di contestazione hanno lo scopo di assicurare il recepimento della suddetta direttiva, attraverso l’imposizione alle compagnie di trasporto dei descritti obblighi. Di conseguenza, il Consiglio costituzionale non è competente a controllare la conformità delle disposizioni impugnate ai diritti e alle libertà che la Costituzione garantisce, se non nel caso in cui sia posta in discussione una norma o un principio che, non trovando una tutela equivalente nel diritto dell’Unione, è inerente all’identità costituzionale della Francia. Sul fondo, vengono in rilievo il diritto alla sicurezza, il principio della responsabilità personale e di eguaglianza dinanzi agli oneri pubblici («charges publiques»), che sono tutelati dal diritto dell’Unione e che non costituiscono regole o principi inerenti all’identità costituzionale francese. Secondo il Conseil, non spetta, quindi, a questi di pronunciarsi su simili censure. Inoltre, dal riportato art. 12 della Dichiarazione del 1789 discende il divieto di delegare a soggetti privati poteri generali di polizia amministrativa inerenti all’esercizio della «forza pubblica» necessaria a garantire i diritti. Tale requisito costituisce un principio inerente all’identità costituzionale della Francia. La decisione circa il reindirizzamento di una persona non ammessa in territorio francese è di competenza esclusiva delle autorità preposte al controllo delle persone alla frontiera. Ai sensi delle disposizioni impugnate, le società di trasporto aereo sono tenute solo, su richiesta di tali autorità, a prendere in carico tali soggetti e ad assicurarne il trasporto. Da ciò deriva, osserva la Corte, che le disposizioni censurate non hanno né l’oggetto né l’effetto di imporre alle società di trasporto un obbligo di vigilanza sulla persona da reindirizzare o di adottare su di essa una misura restrittiva, misure che rientrano nella competenza esclusiva delle autorità. Il Conseil Constitutionnel conclude, dunque, per la conformità a Costituzione delle disposizioni oggetto di contestazione.

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