La Corte Edu si pronuncia sul caso di 23 richiedenti asilo (fra cui ), collocati in un campo tendato a Metz, i quali avevano lamentato l’estrema precarietà della struttura in cui erano stati alloggiati in attesa che si compisse l’iter procedimentale relativo alla richiesta di protezione internazionale.
I Giudici i Strasburgo, atteso che la maggior parte degli interessati (i ricorrenti nn. da 2 a 23) non si erano premurati di mantenere i contatti con il proprio avvocato, non informandolo sui rispettivi luoghi di residenza, né fornendogli altri strumenti utili per essere rintracciati, ha colto l’occasione per ribadire l’importanza di tali contatti durante tutto il procedimento di protezione internazionale, essenziali sia per approfondire la conoscenza degli elementi fattuali relativi alla particolare situazione del richiedente asilo, sia per confermare la persistenza del suo interesse al proseguimento dell’esame della relativa domanda. Sulla scorta di tali osservazioni, la Corte ha ritenuto esser venuto meno l’interesse di tali 22 ricorrenti alla conclusione del procedimento relativo alla richiesta di protezione internazionale. Di qui la decisione di cancellare la loro richiesta dal ruolo.
L’altra ricorrente (la n.1, E.G.), che aveva denunciato di aver subito trattamenti degradanti nel campo tendato su Avenue de Blida, in cui era stata accolta dal 20 marzo 2014 al 18 luglio 2014, non aveva, tuttavia, fornito alla Corte alcuna informazione specifica in ordine alle sue reali condizioni di vita durante quel periodo, né aveva dimostrato di non aver potuto soddisfare i propri bisogni primari in quella particolare situazione. Alla luce di quanto sopra, i Giudici di Strasburgo hanno ritenuto non sufficientemente motivata la censura della ricorrente di essere stata sottoposta a un trattamento superiore alla soglia di gravità necessaria per l’applicazione dell’art. 3 della Convenzione, dichiarando, conseguentemente, la sua domanda irricevibile.