L’uso del vaccino deca-valente anziché di quello tredici-valente può giustificarsi, secondo un canone di prudente azione sanitaria, a fronte di una condizione epidemiologica locale di assente e/o ridotta circolazione dei sierotipi contenuti soltanto nel secondo ovvero al ricorrere di un rilevante risparmio di risorse da investire in altri interventi di sanità pubblica.
Né può ritenersi che sia possibile giungere a diverse conclusioni in base al principio di precauzione. Il citato principio, infatti, fa obbligo alle Autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di scongiurare i rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l’ambiente, senza dover attendere che siano pienamente dimostrate l’effettiva esistenza e la gravità di tali rischi e prima che subentrino più avanzate e risolutive tecniche di contrasto. L’attuazione del principio di precauzione comporta dunque che, ogni qual volta non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un’attività potenzialmente pericolosa, l’azione dei pubblici poteri debba tradursi in una prevenzione anticipata rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche. La costante giurisprudenza ha ritenuto che il principio di precauzione, i cui tratti giuridici si individuano lungo il segnalato percorso esegetico fondato sul binomio analisi dei rischi — carattere necessario delle misure adottate, presuppone l’esistenza di un rischio specifico all’esito di una valutazione quanto più possibile completa, condotta alla luce dei dati disponibili che risultino maggiormente affidabili e che deve concludersi con un giudizio di stretta necessità della misura. Nel quadro empirico nel quale l’autorità è stata chiamata a determinarsi, non è stata verificata, nel caso di specie, una condizione di rischio indeterminato e non controllabile tale da suggerire l’impiego alla massima intensità di tutti gli strumenti di contenimento del rischio.