Il caso riguarda Dieudonné M’bala M’bala, famoso comico francese, che al termine di un suo spettacolo ha invitato il Prof. Robert Faurisson, negazionista più volte condannato in Francia, a salire sul palco per essere premiato da un altro attore, vestito con un pigiama a righe con sopra cucina una stella gialla con la scritta “ebreo”.
Per la Corte, è evidente che l’intera scena, anche con la presenza di un attore vestito da deportato che premia Faurisson, è stata una manifestazione di odio e di antisemitismo e che Dieudonné voleva valorizzare il negazionismo. Non si può certo accettare che l’espressione di un’idea che va contro i valori fondamentali della Convenzione come la pace e la giustizia, possa ottenere una protezione ai sensi dell’articolo 10. La Corte applica senza esitazione l’articolo 17 della Convenzione in base al quale nessuna disposizione del trattato «può essere interpretata come implicante il diritto per uno Stato, gruppo o individuo di esercitare un’attività o compiere un atto mirante alla distruzione dei diritti o delle libertà riconosciuti nella Convenzione…». Nonostante la norma finora sia stata applicata unicamente con riguardo a manifestazioni esplicite e dirette per le quali non è necessaria alcuna interpretazione, per i giudici essa è applicabile anche ai casi di posizioni antisemite nascoste dietro l’alibi di una rappresentazione per così dire artistica che è comunque un attacco pericoloso per i valori della Convenzione. Nessuna protezione, quindi, in base all’articolo 10 che non può certo essere utilizzato in modo contrario allo spirito della Convenzione. Se fosse ammessa una simile tutela si contribuirebbe alla “distruzione dei diritti e delle libertà garantiti dalla Convenzione”. Pertanto, in forza dell’articolo 17, quindi, il ricorrente non può avvalersi dell’articolo 10.