E’ sollevabile la questione di legittimità costituzionale anche in relazione a norme abrogate anteriormente alla rimessione della questione di costituzionalità, non determinando, di per sé, l’inammissibilità della questione per difetto di rilevanza.
In relazione a quanto già affermato dalla Corte costituzionale, persiste la rilevanza della questione anche nel caso in cui la norma sottoposta a scrutinio sia sostituita da una successiva, perché, ove un determinato atto amministrativo sia stato adottato sulla base di una norma poi abrogata, “la legittimità dell’atto deve essere esaminata, in virtù del principio tempus regit actum, con riguardo alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento della sua adozione” (vedi sent. Corte cost. 24 aprile 2013, n. 78; 11 luglio 2012, n. 177; nonché, tra le altre, sentenze 25 novembre 2011, n. 321; 11 giugno 2010, n. 209 ; 28 novembre 2008, n. 391; 20 novembre 2000 n. 509).
Secondo quanto affermato dal Consiglio di Stato, “i due istituti giuridici dell’abrogazione e della illegittimità costituzionale delle leggi non sono eguali fra loro, ma si muovono su piani diversi ed hanno, soprattutto, effetti diversi. Mentre la dichiarazione di incostituzionalità di una legge o di un atto avente forza di legge rende la norma inefficace ex tunc e quindi estende la sua invalidità a tutti i rapporti giuridici ancora pendenti al momento della decisione della Corte, restandone così esclusi soltanto i “rapporti esauriti”.
Nel caso di specie, la riformulazione dell’art. 182 del Codice, il testo previgente troverebbe, comunque, applicazione, in forza del già richiamato principio tempus regit actum, per vagliare la legittimità dei provvedimenti amministrativi impugnati in questa sede, il che appare sufficiente per affermare la persistente rilevanza della prospettata questione di legittimità costituzionale.