La Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito la legittimità della decisione delle autorità italiane di rifiutare l’accesso al metodo Stamina ad una donna affetta, sin dalla sua adolescenza, da una malattia degenerativa del cervello (cosiddetta leucodistrofia metacromatica).
Il rigetto del ricorso è stato valutato in riferimento al D. Lgs. n. 24/2013 che regola l’accesso al metodo Stamina stabilendo che solo i percorsi del trattamento “Stamina” iniziati prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo possono essere portati a compimento, oltre ai percorsi di trattamento autorizzati dal tribunale. La Corte infatti ha ritenuto che il divieto di accesso al metodo Stamina, deciso dal giudice italiano, secondo la normativa indicata, ha perseguito il legittimo obiettivo di tutelare la salute dei cittadini ed è pertanto proporzionato a tale obiettivo, tanto da considerare la questione debitamente motivata e non arbitraria.
Inoltre, la CEDU osserva che ad oggi il valore terapeutico del metodo stamina non è provato scientificamente, avendo rilevato che già un comitato scientifico istituito dal Ministero della Salute aveva emesso un parere negativo sul metodo terapeutico in questione, sottolineando che la Corte Edu non può sostituirsi alle autorità nazionali competenti per determinare il livello di rischio accettabile per i pazienti.