L’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche), letto alla luce dell’articolo 47, secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che: esso non osta a una prassi nazionale in forza della quale le decisioni giudiziarie che autorizzano l’utilizzo di tecniche investigative speciali in seguito a una richiesta motivata e circostanziata delle autorità penali sono redatte mediante un testo prestabilito e privo di motivazione specifica, ma che si limita a indicare, oltre alla durata di validità dell’autorizzazione, che i requisiti previsti dalla normativa e menzionati da tali decisioni sono stati rispettati, a condizione che le ragioni precise per le quali il giudice competente ha ritenuto che i requisiti di legge fossero rispettati alla luce degli elementi di fatto e di diritto che caratterizzano il caso oggetto di esame possano essere inferiti agevolmente e senza ambiguità da una lettura incrociata della decisione e della richiesta di autorizzazione, che deve essere resa accessibile, posteriormente all’autorizzazione concessa, alla persona contro cui è stato autorizzato l’utilizzo delle tecniche investigative speciali.
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