La Corte Costituzionale dichiara indifferibile l’intervento del legislatore per colmare il vuoto di tutela dei diritti dei nati mediante PMA eterologa e maternità surrogata (Corte cost., sentt. 28 gennaio-9 marzo 2021, nn. 32 e 33)

In data 9 marzo 2021 sono state depositate due importanti sentenze della Corte costituzionale, nn. 32 e 33, in materia di fecondazione eterologa e maternità surrogata riguardanti coppie omogenitoriali. Nonostante entrambe si pronuncino per la inammissibilità delle relative questioni di legittimità costituzionale, le sentenze evidenziano l’indifferibilità di un intervento del legislatore in materia, al fine di colmare l’intollerabile vuoto di tutela di incomprimibili diritti dei minori. La sent. n.32, Red. la Giudice S. Sciarra, prende avvio dalla dubbia costituzionalità degli artt. 8 e 9 della legge n. 40/2004 e 250 del cod. civ., in quanto, sistematicamente interpretati,
non consentirebbero al nato nell’ambito di un progetto di procreazione medicalmente assistita eterologa (nel caso di specie, praticata all’estero da due donne), l’attribuzione dello status di figlio riconosciuto anche dalla madre intenzionale che abbia prestato il consenso alla pratica fecondativa, ove non vi siano le condizioni per procedere all’adozione nei casi particolari e sia accertato giudizialmente l’interesse del minore. Nel pronunciarsi sull’inammissibilità della questione, il Giudice costituzionale ha segnatamente riscontrato un vuoto di tutela degli interessi del minore e – richiamando suoi significativi precedenti (ex plurimis, sent. n. 127/2020, nella quale si rimarcava la volontà del legislatore (art. 9, l.n.40/2004) di tutelare gli interessi del nato, garantendo «il consolidamento in capo al figlio di una propria identità affettiva, relazionale, sociale, da cui deriva l’interesse a mantenere il legame genitoriale acquisito, anche eventualmente in contrasto con la verità biologica della procreazione») oltre che norme e giurisprudenza internazionali e dell’U.E. – ha espresso un monito al legislatore affinché colmi al più presto il denunciato vuoto. “Si auspica una disciplina della materia che, in maniera organica, individui le modalità più congrue di riconoscimento dei legami affettivi stabili del minore, nato da PMA praticata da coppie dello stesso sesso, nei confronti anche della madre intenzionale. In via esemplificativa, può trattarsi di una riscrittura delle previsioni in materia di riconoscimento, ovvero dell’introduzione di una nuova tipologia di adozione, che attribuisca, con una procedura tempestiva ed efficace, la pienezza dei diritti connessi
alla filiazione. Nel dichiarare l’inammissibilità della questione ora esaminata, per il rispetto dovuto alla prioritaria valutazione del legislatore circa la congruità dei mezzi adatti a raggiungere un fine costituzionalmente necessario, questa Corte non può esimersi dall’affermare che non sarebbe più tollerabile il protrarsi dell’inerzia legislativa, tanto è grave il vuoto di tutela del preminente interesse del minore, riscontrato in questa pronuncia”. Con la sent. n. 33, Red. il Giudice F. Viganò, la Corte costituzionale ha avvalorato la necessità, anche con riferimento alla maternità surrogata e indipendentemente se all’interno di una coppia omosessuale o eterosessuale, del riconoscimento giuridico di un legame affettivo stabile e decisivo nella formazione e nella vita del minore. Nel caso di specie, una coppia omosessuale di nazionalità italiana, unita in matrimonio in Canada, ha ivi deciso di praticare la maternità surrogata. L’embrione, formato dai gameti di una donatrice anonima e di uno dei due uomini, è stato impiantato nell’utero di una donna, dalla quale è nato poi il bambino, consegnato ai due uomini che avevano condiviso insieme il progetto genitoriale. In virtù di una sentenza canadese, il bambino era stato
iscritto come figlio di entrambi gli uomini nel registro locale dello stato civile. I due uomini chiedevano, dunque, il riconoscimento dell’efficacia di tale sentenza anche nell’ordinamento italiano. La questione di costituzionalità si è resa necessaria, perché sul punto si erano già pronunciate le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 12193/2019, escludendo il riconoscimento dell’efficacia del provvedimento
straniero con cui sia stato dichiarato il rapporto di filiazione tra il bambino nato con maternità surrogata e il genitore d’intenzione. Secondo le Sezioni Unite, il riconoscimento sarebbe infatti contrario a ragioni di ordine pubblico, posto che l’ordinamento italiano punisce penalmente la pratica della surrogazione di maternità. La Corte costituzionale ha innanzitutto ribadito che il divieto, penalmente sanzionato, di ricorrere alla pratica della
maternità surrogata risponde a una logica di tutela della dignità della donna e mira anche ad evitare i rischi di sfruttamento di chi è particolarmente vulnerabile perché vive in situazioni sociali ed economiche disagiate. Tuttavia, la Corte ha osservato che le questioni sottoposte alla sua attenzione sono focalizzate sui “migliori interessi” del bambino che in
questa situazione convergono nell’ ottenere un riconoscimento non solo sociale, ma anche giuridico dei legami che nella realtà fattuale già lo uniscono a entrambi i componenti della coppia. E ciò “allo scopo di essere identificato dalla legge come membro di quella famiglia o di quel nucleo di affetti, composto da tutte le persone che in concreto ne fanno parte…anche laddove il nucleo in questione sia strutturato attorno ad una coppia composta da persone dello stesso sesso, dal momento che l’orientamento sessuale della coppia non incide di per sé sull’idoneità all’assunzione di responsabilità genitoriale (sentenza n. 221 del 2019). È peraltro vero che l’interesse del bambino non può essere considerato automaticamente prevalente rispetto a ogni altro controinteresse in gioco. Gli interessi del minore dovranno essere allora bilanciati, alla luce del criterio di proporzionalità, con lo scopo legittimo perseguito dall’ordinamento di disincentivare il ricorso alla surrogazione di maternità, penalmente sanzionato dal legislatore. Riguardo poi allo strumento giuridico, la Corte ha evidenziato che il ricorso all’adozione in casi particolari “costituisce una forma di tutela …, ma ancora non del tutto adeguata al metro dei principi costituzionali e sovranazionali”. L’adozione di casi particolari (la cosiddetta “adozione non legittimante”) non attribuisce, infatti, la genitorialità all’adottante. Non è chiaro, inoltre, se essa istituisca rapporti di parentela tra l’adottato e coloro che quest’ultimo percepisce socialmente come i propri nonni, zii, o addirittura fratelli e sorelle. Infine, questa forma di adozione resta comunque subordinata all’assenso del genitore “biologico”, che potrebbe anche mancare in caso di crisi della coppia. La Corte, dichiarando pertanto inammissibile la questione di legittimità costituzionale, invita il legislatore, nella propria discrezionalità, a disciplinare un procedimento di adozione idoneo a garantire l’interesse del minore nato all’estero, da maternità surrogata, a vedersi riconosciuto il legame di filiazione con il genitore non biologico.

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