La confisca di prevenzione – applicata in vigenza dell’art. 3-qiunquies l. n. 575/1965 – avente ad oggetto il capitale sociale e l’intero complesso aziendale di titolarità di un imprenditore (assunto “prestanome” di una cosca criminale) può essere disposta anche ove il (formale) titolare dei beni confiscati non prenda parte al giudizio di prevenzione. Né, tantomeno, può ritenersi fondata la pretesa del titolare dei beni confiscati di limitare il provvedimento ablativo ai soli beni di provenienza illecita. Dal primo angolo prospettico, invero, l’estromissione del terzo non ha efficacia invalidante rispetto alla confisca di prevenzione in quanto, con riferimento al quadro normativo applicabile ratione temportis, la mancata citazione nel procedimento finalizzato all’applicazione di misura di prevenzione del terzo interessato “non invalida il rapporto processuale, non pregiudica l’applicazione della misura disposta e non determina nemmeno la nullità degli atti compiuti”. Al terzo pretermesso, infatti, è pur sempre riconosciuta sia la facoltà di prendere parte al processo mediante la costituzione volontaria, sia di esplicare le sue difese in sede di incidente di esecuzione, quale persona assoggettata, di riflesso, all’esecuzione della misura disposta nei confronti del proposto, con l’ulteriore possibilità di proporre ricorso per cassazione avverso l’ordinanza all’esito dell’incidente medesimo. Quanto alla questione dei beni oggetti di confisca di prevenzione, tale misura ablatoria non può essere disposta, in ragione del carattere unitario del bene che ne è oggetto, con limitazione alle componenti di provenienza illecita, specialmente ove l’intera attività di una determinata impresa sia stata agevolata dalla cointeressenza con organizzazioni criminali di tipo mafioso.
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