Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 come modificato dall’art. 2, comma 4-bis, del decretolegge 14 agosto 2013, n. 93 (Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere), nella parte in cui non esclude dai delitti, consumati o tentati, di competenza del giudice di pace anche quello di lesioni volontarie lievissime, previsto dall’art. 582, secondo comma, del codice penale, per fatti commessi in danno del figlio naturale. L’intervento normativo del 2013 ha elevato il livello di repressione della violenza domestica con la previsione di una serie di misure di contrasto e, in particolare, quanto alle lesioni lievissime di cui all’art. 582, secondo comma, cod. pen., con il trasferimento della competenza al tribunale ordinario così escludendo la preclusione all’adozione di misure personali cautelari, quale l’allontanamento dalla casa familiare. Secondo la ratio del legislatore, le condotte di lesioni, anche lievissime, costituiscono comportamenti cosiddetti “spia”, con cui, cioè, si manifestano fatti di prevaricazione e violenza che, spesso, sfociano in condotte ben più gravi e connotate da abitualità: comportamenti in danno di «prossimi congiunti» (come prevede l’art. 282-bis, comma 6, citato) e quindi – si sarebbe portati a credere – in danno, in particolare, sia del figlio naturale che del figlio adottivo. Invece, il legislatore del 2013, nel modificare il catalogo dei reati attribuiti alla competenza del giudice onorario, è intervenuto sull’art. 4 del d.lgs. n. 274 del 2000, escludendo la competenza in relazione al reato di lesioni lievissime commesso «in danno dei soggetti elencati dall’art. 577, secondo comma» cod. pen., talché testualmente (e inspiegabilmente) è rimasto escluso il reato di lesioni commesso in danno dei soggetti di cui al numero 1) del primo comma dell’art. 577, tra cui appunto il figlio naturale. Fatta questa premessa ricostruttiva del quadro normativo di riferimento, nel merito la questione è fondata con riguardo all’art. 3, primo comma, Cost., sotto un duplice profilo. Da una parte, è violato il principio di eguaglianza non essendo giustificato il diverso trattamento processuale riservato al reato di lesioni volontarie secondo che il fatto sia commesso rispettivamente in danno del figlio naturale o del figlio adottivo, stante lo stesso stato di figlio nell’uno e nell’altro caso e quindi il carattere discriminatorio della differenziazione. D’altra parte, non si rinviene alcuna ragione, quale che sia, della mancata inclusione anche del reato di lesioni volontarie commesso in danno del figlio naturale tra quelli che, già di competenza del giudice di pace, sono stati trasferiti alla competenza del tribunale ordinario per innalzare il livello di contrasto a tali episodi di violenza domestica, con conseguente manifesta irragionevolezza della disciplina differenziata.
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